Hanno dovuto riporre i megafoni nel bagagliaio. Anzi no. Perché dando per scontato che da sinistra si sarebbero levati strepiti qualora l’agenzia di rating Fitch avesse espresso un giudizio negativo per l’Italia, la sorpresa è che quelle critiche sono state sollevate lo stesso, per quanto ci sia stato un upgrade, cioè un miglioramento. Com’è possibile? Benvenuti nella sinistra italiana, per cui va sempre tutto male e anche se non va male lo facciamo andare lo stesso. Benvenuti, anche, fra le pagine dei “giornaloni” che non dedicano alla notizia dell’upgrade di Fitch la stessa, ben nota rilevanza di quando le agenzie massacravano l’Italia ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi, quando le agenzie furono tessere di quella manovra a tenaglia che portò alla caduta dell’ultimo Esecutivo- prima dell’attuale- nato sulla base di un preciso mandato popolare.
In ogni caso, l’upgrade c’è stato. E la sinistra si incavola. Citofonare Movimento 5 Stelle. Proprio coloro che, guarda un po’ avrebbero forse più di altri l’onere di contare fino a 10. Perchè nelle sue constatazioni sull’Italia, Fitch sottolinea che è stato fatto molto per l’equilibrio dei conti, che la stabilità politica è un fattore positivo.
Ma si legge anche: «Prevediamo che il debito aumenterà modestamente dal 135,3 del Pdl nel 2024 al 137,5% del 2026, riflettendo gli aggiustamenti degli stock flussi legati principalmente al regime di superbonus».
Insomma, “gratuitamente” neanche per sogno, per chi si ricorda il martellante claim di Giuseppe Conte nella campagna elettorale del 2022. Il quale Giuseppe Conte, ieri, indomito commentava: «Meloni esulta per i giudizi delle agenzie di rating e dice che il governo è sulla strada giusta. Vada a chiederlo ai quattro giovani su dieci che lavorano per meno di 9 euro l’ora, agli imprenditori schiacciati da bollette e trenta mesi di crollo della produzione industriale».
Sui social, il leader del Movimento 5 Stelle ha postato un video di quando, anni fa ai tempi dell’opposizione, Giorgia Meloni faceva notare che le agenzie di rating erano delle società private, e di avere più interesse per i cittadini italiani. Cosa che però non toglie l’importanza delle valutazioni espresse ieri da Fitch.
Tornando alle sortite del Movimento 5 Stelle, il vice di Conte, Michele Gubitosa, rivolto al governo tuonava: «Se tu basi la tua (non) politica economica sui tagli, sulla stagnazione, sulla moderazione salariale, sulle privatizzazioni, sul sostegno alle sole operazioni bancarie e alle ragioni dei loro azionisti, avrai sempre l’abbraccio delle agenzie di rating». E prosegue: «È quello che ha fatto il governo Meloni-Giorgetti, scegliendo la strada più facile ma asfissiante per gli italiani». Ancora, altro vicepresidente, Mario Turco, coordinatore del comitato economia, lavoro e impresa. «Il ministro Giorgetti- sottolinea- può anche vantarsi di avere una “rotta precisa” e di ricevere gli elogi di Dombrovskis, ma la realtà è che gli italiani stanno pagando il prezzo salato delle politiche economiche errate del Governo Meloni». Il riferimento a Valdis Dombrovskis, commissario Ue al commercio, deriva dalle sue cosiderazioni espresse in conferenza stampa dopo la riunione informale dell’Ecofin, in cui ha detto che viene favorevolmente accolta l’ambizione italiana di scendere sotto al 3% nel rapporto deficit più entro quest’anno. In quel caso, ha detto il componente della Commissione Ue,, «la procedura per disavanzo eccessivo potrà essere abrogata».
Ma questo non va giù al Movimento 5 Stelle. «Giorgetti può intonare la litania che i conti sono in ordine: certo, sono in ordine per Giorgetti, Dombrovskis e Ficht, di sicuro non per i lavoratori, famiglie e imprese». Nella loro lunga nota, spiegano: «Il duo Giorgetti-Meloni arriva a questa promozione con la strada più facile, micidiale e soffocante per gli italiani, spremuti come limoni, come un governo Monti qualsiasi». Compiendo un errore storico, peraltro, perché con il governo Meloni non c’è stata alcuna cura da cavallo. Evidentemente, dalle parti pentastellate non hanno mai superato il trauma politico dello stop al superbonus e al reddito di cittadinanza.