Cartina tornasole dell’Italia intera o brodetto di paese; dipende da chi vincerà. Ecco il destino delle Marche, che oggi e domani vanno al voto. Un milione e trecentoventicinquemila elettori chiamati a scegliere trenta consiglieri regionali su un totale di 526 candidati. La contesa è tra Francesco Acquaroli e Matteo Ricci. Il primo è il presidente uscente, meloniano doc fin da ragazzo. Il secondo è lo sfidante, europarlamentare dem da un anno ma già stufo di Bruxelles, ex sindaco di Pesaro e, nel suo curriculum, bersaniano, quindi renziano, lettiano, bonacciniano, ma soprattutto franceschin-bettiniano, secondo molti ansioso di fare le scarpe a Elly Schlein.
La sinistra punta(va) molto sulle Marche. Tre mesi fa, quando era sicura di trionfare, la segretaria dem ha avviato una narrazione che faceva di questa terra l’Ohio d’Italia, con riferimento al fatto che, storicamente, chi negli Usa vince in quello Stato industriale, da dove peraltro proviene JD Vance, l’attuale vice di Donald Trump, conquista la Casa Bianca. Mano a mano che i sondaggi non incontravano le sue attese, il Nazareno ha però gradualmente ridimensionato il voto odierno, al punto da spingere Ricci a un accorato appello a uso interno, puntualmente riferito da Libero: dite che sono il più bravo, statemi vicino, perché io continuo a girare le tv ma ho idea che non serva a molto.
“Ascolano, tira il sasso e nasconde la mano”, recita un detto locale ingeneroso nei confronti degli abitanti del capoluogo piceno. Il proverbio però calza a pennello per descrivere il comportamento del campo largo nazionale sulle Marche. Lanciata la sfida in pompa magna, se ne è sgonfiata la portata nel timore della figuraccia, con M5s cooptato ma che ha dato un apporto impalpabile. Saliranno tutti sul carro di Ricci, se vincerà, e le Marche diventeranno più importanti della Capitale. Altrimenti l’europarlamentare si troverà d’un tratto senza padri né madri e il voto in riva all’Adriatico sarà derubricato a test poco rilevante; d’altronde, una decina di anni fa, non era lo stesso Pd ad aver partorito un progetto per unire le Marche all’Umbria? E non è stato lo stesso candidato attuale, ai tempi presidente della provincia di Pesaro, ad aver lasciato andare in Romagna dieci Comuni insoddisfatti della sua gestione?
«Si vota per le Marche e per la Palestina» è stato l’ultimo slogan elettorale di Ricci, sceso dalla ferrovia San Benedetto del Tronto-Pesaro, ribattezzata per l’occasione «un treno per Gaza». Quindi, in caso di sconfitta, vuoi vedere che i dem diranno che sono cavoli di Hamas e non loro? Già, perché il punto più basso della campagna elettorale del campo largo è stato tentare di mettere i guai della Striscia nelle olive ascolane. In mancanza di argomenti validi, l’ex sindaco di Pesaro ha trasformato la campagna elettorale in buoni contro cattivi; lui, il buono che sta con i bambini palestinesi, Acquaroli invece, il cattivo che se li mangia. E il guaio è che qualche allocco ci crederà pure. Il candidato della sinistra è arrivato ad accusare quello di centrodestra di parlare troppo di Marche e ignorare Gaza, come se un presidente di Regione avesse anche una minima competenza amministrativa sulla politica estera, e come, soprattutto, se a chi parla di Palestina anziché di Ancona, importasse davvero della prima.
La realtà è che Ricci se ne sbatte dell’una e dell’altra. Se avesse a cuore i gazawi, resterebbe all’Europarlamento dove qualcosa, poco, potrebbe fare per loro. Quanto alla Regione, l’ha concepita da subito come una tappa della propria carriera, un gradino da salire per arrivare a contendere la segreteria dem.
Chi invece non ha mai cambiato postura è Acquaroli. Ha sempre e solo parlato di Marche. Attaccato sulla sanità e sull’economia, ha provato a spiegare e ha fornito numeri eloquenti, sui punti sanità aperti, l’aumento delle visite pubbliche, la riapertura di reparti e ospedali, il Pil locale che sale più della media nazionale e il rating della Regione promosso dalle agenzie internazionali. Ma quando c’è Ricci-Pasticci in circolazione, è sempre la cronaca(ccia) a prevalere sulle analisi. La campagna elettorale del candidato dem è partita nel segno delle inchieste giudiziarie, che lo vedono indagato per concorso in corruzione per l’allegra gestione degli appalti pubblici senza gara delcomune di Pesaro di cui era sindaco. E ieri è finita con un’altra indagine, al momento in capo alla polizia locale e non alla procura.
Si dà il caso che ad attendere il candidato sceso dal treno per Pesaro (pardon, per Gaza) venerdì sera ci fossero Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Era in agenda un comizietto conclusivo all’aperto ma, sfortuna, pioveva parecchio. Ecco allora che Ricci si è spostato in un salone del Comune, che evidentemente considera cosa sua, come la Provincia, nella cui sede ha preso in locazione un ambiente ad affitto simbolico, duecento euro al mese giusto per coprire le spese e tenere lontani i pm. Già la cosa di per sé non sarebbe stata edificante, ma il guaio grosso è che lo spazio scelto in realtà è un seggio elettorale il cui accesso era interdetto da giorni perché in corso di allestimento.
Gli uffici comunali, contattati tempestivamente per capire come mai si stesse tenendo in un locale chiuso al pubblico un comizio elettorale non annunciato né tantomeno autorizzato, non hanno potuto fare altro che informare la polizia locale. L’autorità ha subito avviato un’indagine per accertare le responsabilità dell’accaduto, fatto cambiare serrature e porte d’accesso e, soprattutto, fatto togliere ogni riferimento politico e partitico, riportando il seggio all’anonimato richiesto dalla legge.
E Ricci? Ieri era la giornata del silenzio elettorale, e questa regola l’ha osservata volentieri. Sulla scorta di quanto ha affermato di aver detto ai pm che lo indagano per corruzione, potremmo immaginare però facilmente cosa avrebbe detto, se avesse parlato: e io che c’entro? sono solo il candidato presidente della Regione, è colpa dei miei collaboratori. Per la cronaca, infatti, è facile che a fare le spese dell’accaduto siano due ex dipendenti comunali, sospettati di essere arrivati sul posto con le chiavi e aperto la stanza al loro ex capo. In Regione i dipendenti tremano. Se vince Ricci, occorre farsi un’assicurazione.