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Flotilla, il retroscena: l'ira di Giuseppe Conte per i "raccomandati del Pd"

di Fabio Rubini venerdì 3 ottobre 2025

4' di lettura

Oggi sono stati liberati dalle autorità israeliane i 4 parlamentari italiani membri degli equipaggi della Global Sumud Flotilla diretti a Gaza. Subito dopo l'abbordaggio e l'intervento della Marina militare, la sorte di Arturo Scotto e Annalisa Corrado sembrava dover essere differente rispetto a quella dei colleghi Benedetta Scuderi e Marco Croatti. Per i primi due, del Pd, era previsto un rimpatrio-lampo in quanto la loro nave aveva abbandonato subito il convoglio. I secondi, di Avs e M5s, erano invece in predicato di restare in Israele almeno per tutta la giornata di oggi, festa dello Yom Kippur. L'intervento della Farnesina ha fortunatamente abbreviato l'iter per tutti, atterrati in Italia all'ora di pranzo. Restano le prime ore di tensione tra i 5 Stelle: di seguito il retroscena di Fabio Rubini pubblicato su Libero del 3 ottobre, prima dunque degli ultimi sviluppi.

È proprio vero che la vita, a volte, è questione di Karma. In questo caso nel senso dell’imbarcazione della Ong Arci che si chiama appunto, Karma. È la nave sulla quale viaggiavano i due parlamentari del Pd Arturo Scotto e l’eurodeputato Annalisa Corrado, che a differenza dei colleghi Benedetta Scuderi (Avs) e Marco Croatti (M5S), non sono stati identificati e fermati. Una presunta disparità di trattamento che ha fatto andare su tutte le furie Giuseppe Conte, che ha fatto fuoco e fiamme per conoscere i dettagli della vicenda.

A fare luce ci ha pensato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, durante il suo intervento in Parlamento. Il vicepremier ha spiegato che «i due rappresentanti del Pd, che hanno viaggiato su una nave, la Karma dell’Ong Arci, che si è distaccata dal convoglio della Flotilla, sono scesi al porto israeliano di Ashdod. Attualmente le nostre autorità diplomatiche stanno trattando per la consegna degli aiuti umanitari e per far ripartire l’imbarcazione verso Cipro o la Grecia».

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Al contrario «Scuderi e Croatti, a bordo della Morgana, sono stati fatti sbarcare e attualmente si trovano nel centro di identificazione temporanea del porto di Ashdod».
I chiarimenti del vicepremier, però, non sono bastati a Giuseppe Conte: «Tajani non ci ha chiarito perché questa differenza di trattamento». In realtà lo ha fatto, forse è “Giuseppi” che non ha capito. I due onorevoli del Pd hanno lasciato il convoglio per tempo e hanno accettato di trattare la consegna degli aiuti umanitari attraverso i canali diplomatici messi a disposizione della Farnesina. L’onorevole di Avs e il senatore cinquestelle, invece, erano su una nave che ha tirato dritto, si è fatta abbordare e così i passeggeri sono stati identificati, fermati e portati in un centro in attesa di essere rimpatriati. Tutti qui.

Conte, invece, ha preferito proseguire nella polemica: «Sappiamo che Croatti è in un centro di detenzione, sottoposto a identificazione, sottoposto a un trattamento come un immigrato irregolare. Io penso invece che è tutto legale rispetto a qualsiasi convenzione internazionale, rispetto a qualsiasi principio di diritto internazionale: è illegale il blocco, è illegale l’assedio, è illegale procurare una carestia, è illegale fermare dei cittadini disarmati». Nella foga, però, Conte si tradisce quando dice: «Croatti, l’ho detto chiaramente sin dall’inizio, ha deciso come cittadino di partecipare. Noi lo abbiamo appoggiato, anzi ci siamo sentiti orgogliosi. E abbiamo appoggiato tutti i cittadini del mondo delle varie nazionalità che sono imbarcati sulla Flotilla». Dunque, se Croatti ha partecipato «come cittadino», perché indignarsi per un trattamento che è stato uguale a quello di tutti gli altri «cittadini» coinvolti?

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Nel suo intervento in Parlamento Antonio Tajani ha anche spiegato che gli italiani fin qui fermati sono 46 e che Israele sta predisponendo un provvedimento unico di esplusione per le circa 450 persone coinvolte e che i rimpatri sono previsti tra il 6 e il 7 ottobre con voli charter dall’aeroporto di Ben Gurion, probabilmente verso Madrid o Londra, come richiesto dagli organizzatori della Flotilla. Nel frattempo i fermati sono stati trasferiti in autobus al centro detentivo di Ketziot, nel sud di Israele, vicino alla città di Ber Sheva. I detenuti - si apprende da fonti della Farnesina - non verranno interrogati o sottoposti a particolari procedure giudiziarie. Verrà loro chiesto solo se sono disponibili ad accettare l’espulsione volontaria entro 24/48 ore oppure se intendono rifiutarla. Chi la rifiuterà verrà espulso in maniera coatta al termine di un breve procedimento. Intanto l’ambasciata italiana che ha già programmato le prime visite consolari, venerdì 3 e domenica 5.

I fermi hanno spaccato l’opinione politica non solo in Italia. Anche per questo nel suo intervento il vicepremier ha ricordato come, su questo tema, «la tesi prevalente considera il blocco navale israeliano legittimo, in quanto misura di sicurezza contro Hamas, mentre una posizione minoritaria ne contesta la validità per l’assenza di un conflitto tra Stati sovrani. «Non è tempo di disute teoriche - ha ammonito Tajani -, ma di garantire che i nostri connazionali e gli altri passeggeri ricevessero un trattamento non violento», precisando che «l’intervento del governo non si è limitato agli italiani, ma ha riguardato tutti i partecipanti». Intanto «il materiale umanitario trasportato dalla Flotilla, sarà consegnato alla popolazione di Gaza anche grazie al coordinamento dell’ambasciata d’Italia». Un risultato che si sarebbe potuto raggiungere anche senza bisogno di farsi fermare e arrestare.

Il ministro ha infine ribadito che «l’ambasciata italiana di Tel Aviv e il consolato di Gerusalemme restano pienamente operative, nonostante le festività ebraiche e continueranno a seguire con la massima cura i connazionali fermati».

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