Luigi Zanda, uno dei fondatori del Pd pure lui, di provenienza però democristiana e non comunista, parlandone al Corriere della Sera ha riconosciuto a Pier Luigi Bersani il merito, l’onestà, il realismo e quant’altro di avere ammesso, parlandone a sua volta qualche giorno fa a Repubblica, che «al campo largo manca un progetto per l’alternativa». Che è quindi perseguita solo a parole, puntando sulla distrazione di un elettorato per niente distratto invece. Che nelle Marche, per esempio, ha contributo direttamente dalla sua tradizionale posizione di sinistra a fare rivincere la destra votandola. «Io - ha osservato l’ex senatore, ex capogruppo del Senato ed ex tesoriere del Pd, per non risalire anche alla sua collaborazione e amicizia con Francesco Cossiga - non ho paura delle scissioni di gruppi di parlamentari, ma delle scissioni dell’elettorato, che sono molto più pericolose».
In effetti i voti che da sinistra vanno direttamente a destra non vi ritornano, come la buonanima di Giulio Andreotti riteneva che accadesse a quelli che dalla sua Dc andavano al Movimento Sociale di Almirante in qualche occasione regionale o nazionale. L’elettorato del Pd, di provenienza sia democristiana sia comunista, si è accorto prima ancora che glielo spiegasse il mio amico Zanda che al Nazareno non si può avere una linea politica univoca «se la priorità è quella di andare d’accordo con alleati che hanno idee molto diverse». «Noi dobbiamo sapere - ha aggiunto o spiegato Zanda centrando il problema e la persona- che Conte non avrà pace fino a quando non verrà incoronato come capo assoluto del campo largo e che quindi non è un compagno di strada molto affidabile». E neppure, aggiungerei, capace di crescere o solo di resistere elettoralmente.
È proprio per inseguire o non perdere il rapporto con un Giuseppe Conte sempre più a sinistra e movimentista, arrivato a richiamarsi alla Camera nei giorni scorsi a Pietro Ingrao, che ne fu peraltro presidente; è proprio per inseguire Conte, dicevo, che il Pd a Montecitorio, non ha potuto fare ciò che Zanda auspicava: il voto a favore della mozione della maggioranza sulle prospettive di pace in Medio Oriente dopo il piano concordato alla Casa Bianca fra il presidente Usa Trump e il premier israeliano Netanyahu. Il Pd ha preferito astenersi. «Io ho la netta impressione che il Pd in questa legislatura - ha detto Zanda - si sia astenuto con troppa facilità al Senato come alla Camera». Al Nazareno temo che sia tornato ad essere ascoltato più Bersani che Zanda.
Ma non il Bersani che piace a Zanda per la riconosciuta mancanza - ripeto di «un progetto per l’alternativa». Il Bersani, piuttosto, della parodia appena ripetuta, sempre a Repubblica, della “mucca” - cioè la destra - spintasi ben prima di vincere le elezioni tre anni fa sin nei corridoi e nelle stanze del Nazareno, senza che nessuno se ne accorgesse. Sarebbe ora che l’ex segretario del Pd, uscitone come Massimo D’Alema e poi rientrato, aggiornasse un po’ la sua fantasia. O il suo zoo. E si accorgesse di altri animali arrivati nei corridoi e negli uffici del Nazareno, e dintorni, accudendoli a dovere. Come il Conte descritto, senza parodia, da Zanda.
La stessa mucca scelta da Bersani come il male assoluto, pericolo mortale più ancora di un serpente velenoso odi una tigre per niente di carta, come Trump dice di Putin, è fra tutti gli animali di un possibile zoo fra i più ingombranti, di certo, ma anche i più innocui, con quella benevola imponenza. Piuttosto che allarmarsi, Bersani dovrebbe sorridere e persino commuoversi. Ma qualche sera fa l’ho visto quasi piangere in un collegamento da casa col salotto televisivo di turno per le piazze d’Italia riempite di manifestanti e scioperanti per la Palestina libera, dal fiume al mare. Piazze al netto della guerriglia e della blasfemia arrivata a dare del “fascista di merda” al compianto Papa Giovanni Paolo II, cui non viene perdonato neppure da morto l’anticomunismo.