Come si dice in questi casi: ricapitoliamo insieme i fatti principali, per provare a orientarci. Il Pontefice, una personalità che non ha esattamente il profilo di un tifoso scatenato di Donald Trump, ma che non si fa certo offuscare la Papa Leone XIV vista da ideologia e pregiudizi, è tornato per l’ennesima volta a spendersi a favore dell’eccezionale sforzo politico in corso. «Sulla pace passi significativi, auspico risultati», ha saggiamente detto Leone XIV.
E a me pare che queste parole, lucide e insieme caute, interpretino davvero il sentimento di tutte le persone di buona volontà. Le incognite sono ancora molte, ma non siamo mai stati così vicini a un risultato positivo.
Ecco, mentre il mondo è appeso a questa speranza di pace che si deve a Trump (ma pure Netanyahu e agli stati arabi che la sostengono), e rispetto alla quale – stretti in un angolo – anche i tagliagole di Hamas hanno dovuto dire un primo mezzo sì, a cosa sono servite le manifestazioni italiane del weekend? A cosa gli scioperi? A cosa le interruzioni di pubblici servizi? A cosa i cortei? A cosa gli slogan antisionisti e antisemiti?
Risposta onesta: a nulla. Nella migliore delle ipotesi, si sono rivelati irrilevanti: tranne che nel creare disagi ai cittadini che dovevano spostarsi e lavorare. Nella peggiore, si sono manifestati come eventi rivelatori di un sottofondo infame, con quegli slogan e quegli striscioni antisemiti e apertamente pro Hamas che restano indegni: e che sono destinati a qualificare per il presente e il futuro chiunque non se ne sia dissociato.
A proposito, come mai i tre principali partiti della sinistra (tranne qualche isolato balbettio a scoppio ritardato) non sono stati in grado di prendere le distanze da tutto ciò? Perché non si sono levate voci chiare e forti a condannare? Perché anche su troppi giornali, ieri mattina, si è nascosto e minimizzato ciò che era sotto gli occhi di tutti?
Siamo dunque arrivati al nodo di fondo: che politica è quella che non sa esercitare leadership ma preferisce la followship? Una politica che insegue anziché guidare, che rincorre anziché dettare l’agenda, che cerca disperatamente il like anziché ragionare? Che non si ribella nemmeno davanti alla feccia antisemita? Se ci pensate, era la prima manifestazione da decenni con slogan così scopertamente indecenti. E la nostra sinistra ne è rimasta completamente prigioniera, muta e dunque consenziente.
Le domande restano sul tavolo. Le risposte le attendiamo da qualche testa lucida, se ancora c’è, dalle parti dei nostri progressisti.