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Ranucci scende in campo: è la star del corteo di Landini

di Fausto Carioti sabato 25 ottobre 2025

4' di lettura

Scende dal palco Francesca Albanese (conseguenza della tregua a Gaza imposta da Donald Trump), sale Sigfrido Ranucci, che ha buone probabilità di restarci a lungo. La sinistra italiana non riesce a stare senza santi patroni da portare in processione. Tutti pescati fuori dai propri organigrammi e questo, almeno, è segno di realismo, indica consapevolezza dei limiti dei propri leader: inflazionati, spenti, incapaci di scaldare gli animi. Il conduttore di Report arriva oggi in soccorso di Maurizio Landini. La Cgil organizza un corteo con manifestazione a Roma, ed è il solito minestrone: la manovra, i salari, la pace, Gaza (l’Ucraina no, perché quella è divisiva), la resistenza contro la riforma della giustizia e quindi la Costituzione e allora la libertà di stampa e dunque Ranucci.

Il corteo arriva alle 15 in piazza San Giovanni, luogo simbolo della mitologia berlingueriana e cigiellina. La guest star giunta da Rai3 interviene in collegamento, parlano anche altri, conclude Landini. Sono attesi Elly Schlein, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli con rispettive corti di parlamentari. Intorno a loro le sigle pacifiste e ambientaliste, tra cui Arci e Greenpeace, l’Anpi (per «ribadire la natura antifascista della repubblica»), i collettivi filopalestinesi, il “Global movement to Gaza” e altri della Flotilla. Protesteranno anche contro le opere pubbliche che creano lavoro: la confederazione rossa contesta «il progetto faraonico del Ponte sullo Stretto» e chiede d’investire nella mobilità sostenibile.

In questa eterna replica Ranucci è il volto nuovo, quello che il popolo di sinistra sapeva già che stava dalla parte giusta, ma non lo aveva ancora visto schierato così contro il governo e al fianco dell’opposizione. Ci sarà un seguito già lunedì, alla Camera: sarà l’attrazione principale alla presentazione del libro di Rula Jebreal Genocidio, assieme a Giuseppe Conte.

Che dalle parti del conduttore tirasse aria d’impegno politico lo si era capito giovedì, quando aveva ipotizzato una macchinazione ai propri danni nei palazzi del potere. «Raccolgo solidarietà bipartisan», aveva detto, «ma si sta rivelando ipocrita», perché «qualcuno sta armando il garante della Privacy per punire Report e dare un segnale esemplare ad altre trasmissioni». Qualcuno che può essere solo Giorgia Meloni o uno vicino a lei: il garante «sembra agire come un’emanazione del governo», aveva argomentato Ranucci.

Era la sua risposta alla sanzione da 150mila euro inflitta dall’authority della Privacy alla Rai per la violazione, da parte di Report, delle norme e delle regole deontologiche sulla riservatezza dei dati personali. Successe l’8 dicembre del 2024, uno dei giorni ruggenti del caso che vedeva protagonisti Maria Rosaria Boccia e Gennaro Sangiuliano. Ranucci aveva mandato in onda l’audio – registrato dalla stessa Boccia – di una conversazione telefonica tra l’ex ministro e sua moglie Federica Corsini, pure lei giornalista. Violando così la loro sfera privata, ha stabilito il garante.

Una decisione che secondo Ranucci sarebbe stata ispirata dal governo. Il presidente dell’authority, Pasquale Stanzione, gli ha risposto anche ieri, bollando le sue parole come «gravissime», perché «rischiano di essere percepite come un tentativo di indebito condizionamento dell’attività decisoria del garante» e perché sono «totalmente destituite di fondamento e gravemente lesive della propria immagine».

D’intesa con tutti i suoi colleghi, ha annunciato che il garante prenderà «ogni iniziativa utile alla tutela della propria dignità istituzionale». Stanzione, peraltro, giurista con lungo curriculum, è diventato presidente di quell’organismo nel 2020, candidato come membro dell’authority dal Pd durante il governo giallorosso, guidato proprio da Conte. Impossibile, insomma, attribuire a lui e agli altri affinità o un legame politico con il governo Meloni.

Lo spiegano a Ranucci anche da Fdi, dove il senatore Costanzo Della Porta gli ricorda «che gli attuali componenti della Privacy sono stati eletti dal precedente parlamento, nel quale Fratelli d’Italia contava solo il 4%». Per questo è «molto bizzarra» la tesi secondo cui il garante «agirebbe per favorire il governo Meloni a trazione Fratelli d’Italia». Stessi argomenti usati da Enrico Costa, deputato di Forza Italia, per il quale è «matematicamente impossibile» che l’authority agisca in nome dell’esecutivo, «visto che due componenti del collegio su quattro, tra cui il presidente, sono stati votati dai partiti dell’attuale opposizione (uno Pd, uno M5S)». Insomma, «il governo non c’entra, più facile pensare che la sanzione sia sacrosanta».

Ma Ranucci, come Albanese, ha chi lo difende dentro e fuori le piazze, anche quando sbaglia. L’ordine dei giornalisti del Lazio chiede al garante di tornare sui propri passi, sostenendo che il conduttore non ha fatto «alcuna violazione della deontologia professionale». Oggi, nella piazza rossa e pro-Pal di Landini, altri proclami per il nuovo compagno di strada, sempre meno giornalista e sempre più simbolo dell’antimelonismo.

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