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Anche la stampa progressista scarica la Schlein

Povera Segretaria. Accolta e coccolata con speranza dalla stampa progressista, Elly Schlein deve avere qualche problema di comunicazione, visto come cominciano a trattarla i giornaloni. Allontanarsi dalle edicole, please
di Francesco Storacesabato 8 novembre 2025
Anche la stampa progressista scarica la Schlein

3' di lettura

Povera Segretaria. Accolta e coccolata con speranza dalla stampa progressista, Elly Schlein deve avere qualche problema di comunicazione, visto come cominciano a trattarla i giornaloni. Allontanarsi dalle edicole, please. Finiti i peana, forse si sono accorti che manca la politica che servirebbe in questo momento. Troppo massimalismo, la pancia dell’Italia è moderata e la leader scivola verso una sinistra troppo sinistra. Una prima avvisaglia l’avevamo notata sul Corriere, con un editoriale di Antonio Polito del 20 ottobre. La critica prendeva di petto la dichiarazione di Schlein ad Amsterdam, in cui accusava il governo di «estrema destra» e che metteva a rischio la democrazia.

Un articolo che interpreta la posizione della Segretaria come un errore politico che rischia di delegittimare l’avversario. Estrema destra, ma che vuol dire... Poi, Repubblica con l’analisi di Annalisa Cuzzocrea, con un pezzo intitolato non casualmente: “La sfida di Mamdani, che parla alla sinistra”. In quel pezzo si richiama la necessità di un discorso strategico e culturale per la sinistra italiana, implicito riferimento al fatto che l’attuale leadership (tra cui Schlein) debba misurarsi con queste esigenze. Anche se con un errore di fondo: il cerchio magico del Nazareno ha salutato con gridolini enormi la vittoria del neosindaco di New York, senza comprendere che dalle nostre parti le idee sono abbastanza diverse.

Ma resta la critica dura persino dal quotidiano che fu di Scalfari. Una critica che non verte su Schlein come persona, ma anche sulle strategie del partito, il rapporto con la base, la comunicazione, il progetto. Come dimenticare la celebre frase di Lilli Gruber, «non si capisce quello che dice»? Ancora Repubblica sul voto nelle Marche, con la batosta presa dalla sinistra sul candidato del Pd Ricci: «Se lo scarto fosse stato minore, sarebbe stato diverso. Ma 8 punti di distanza... impongono al centrosinistra più di una riflessione». La stanno scaricando (si è distinto anche il direttore de La Stampa Andrea Malaguti)? Forse è presto per dirlo, certo è che Schlein è sempre più nel mirino per una politica definita ormai da tutti estremista, il che non giova neppure al suo partito. Il Sole 24 ore ha individuato nel referendum sulla giustizia il momento in cui i nodi potrebbero venire al pettine.

Troppi pezzi grossi del partito sono schierati per la separazione delle carriere in magistratura. Coerente la posizione di Goffredo Bettini, che la sostiene da gran tempo; ha suscitato clamore la riflessione di Augusto Barbera, presidente emerito della Corte costituzionale e già parlamentare di Pci e Pds oltre che ministro con Ciampi: «Inutile girarci attorno. La riforma della giustizia è una riforma liberale divenuta inevitabile dopo la cosiddetta riforma Vassalli che aveva smantellato il vecchio codice di impronta autoritaria e introdotto il sistema accusatorio», è l’affondo di Barbera sul Foglio in cui ricorda anche la riforma a larghissima maggioranza nel ’99 dell’articolo 111 della Costituzione che ha introdotto il principio del «giusto processo» nel contraddittorio tra le parti «in condizioni di parità» davanti a un giudice «terzo ed imparziale». Come a dire che la riforma Nordio è una conseguenza inevitabile di quelle scelte condivise e che semmai arriva troppo tardi. In pratica, in discussione c’è un pezzo di identità politica e programmatica che la Schlein si illude di poter cancellare.