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Ci risiamo con il '68

di Mario Sechi lunedì 8 dicembre 2025

2' di lettura

La malattia dell’Occidente è visibile nelle piccole cose, la Grande Storia si manifesta in occasioni che in apparenza sono minori, dettagli, brevi in cronaca, articolesse pensose, schiamazzi. La distanza che ci separa dal canone occidentale, emerge nell’impaginato della cronaca.

Le proteste idrofobe contro l’Ambrogino d’Oro dato ai Carabinieri del nucleo radio mobile di Milano (uomini in divisa che rischiano ogni giorno la vita per noi tutti) sono uno di quei segnali deboli che rivelano i problemi forti del nostro tempo. In una brodaglia di confusione incredibile, nel giorno di Sant’Ambrogio, l’Arma e tutte le forze dell’ordine sono diventate il bersaglio della piazza dei sinistrati, mentre al Teatro alla Scala andava in scena Lady Macbeth, in strada si recitava la penosa opera da tre soldi delle sinistre declinate in mille pezzi, tanti quanto lo specchio rotto in cui non riescono più a guardarsi.

«Assassini», questa è la parola d’ordine. Di chi? Di Ramy Elgaml (che è morto perché non si è fermato a un posto di blocco dei carabinieri); dei palestinesi a Gaza (che sono vittime di Hamas che ha scatenato la guerra contro Israele il 7 ottobre e poi li ha usati come scudi umani); di ogni peccato originale e non, l’importante è che sia scaricabile come un bidone della spazzatura di fronte alla casa del primo di destra che ti capita a tiro, anche sedi destra non lo è, ma in fondo è pur sempre «complice» di qualcosa e si può accusare di «intelligenza con il nemico».

La prima della Scala è la penultima stazione della crisi della sinistra, un calvario tragico che sfonda nel ridicolo, soprattutto se pensiamo che il sindaco è Beppe Sala, un progressista fiocinato dai compagni di viaggio. Nel delirio della seduta d’autocoscienza, c’è spazio per una protesta su tutto, contro l’Ambrogino all’Arma, contro i grattacieli, contro gli architetti, contro gli stilisti, manca la «Milano da bere» craxiana (ma sotto sotto c’è, cribbio), dalla piazza alla rotativa si sente l’alito pesante della sbornia del lamento, un distillato di mediocre luogocomunismo che trova la sua summa teologica in un articolo di nostalgia canaglia di Carlo Verdelli sul Corriere della Sera che confessa, «fatico a sentirmi milanese».

Può andare altrove, nessuno lo trattiene dalla scelta dell’esilio per dissidenza dalla sua biografia ambrosiana. Il Teatro alla Scala ha messo a segno il record storico di incassi, i compagni della Ztl si lamenteranno anche di questo segno di inequivocabile edonismo operistico, d’altronde l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, l’altro ieri ha sfoderato un “Discorso alla città” che sembrava un libretto rosso contro il capitalismo. È l’ultimo atto di un grottesco revival del ’68, una risata vi seppellirà.

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