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Manovra stravolta? Ha ragione Giorgetti: conta il risultato

Le opposizioni gridano alla "maggioranza in crisi": la sinistra forse ci ha sperato davvero, ma la verità è un'altra
di Sandro Iacometti domenica 21 dicembre 2025

3' di lettura

La sinistra forse ci ha sperato davvero. Anche perché il centrodestra, come va detto e come abbiamo detto su Libero, ha provato in tutti i modi a mettersi i bastoni tra le ruote da solo. Ma alla fine la maggioranza è lì, compatta come sempre, ed è lì pure la manovra, che con l’ultimo maxiemendamento non solo ha recuperato i pezzi persi per strada, ma ne ha addirittura aggiunti altri, trovando sia i soldi per le imprese sia quelli per i sindacati (tranne ovviamente la Cgil), allargando la platea dei lavoratori a cui saranno detassato gli aumenti dei rinnovi contrattuali. La geniale commedia partorita dalla mente di William Shakespeare nel lontano 1600 è ormai diventata una banalità. Ma molto rumore per nulla è la sintesi esatta di quanto successo nell’ultima settimana.

A leggere le gazzette della sinistra ieri mattina la situazione sembrava irreparabile. Liti furibonde, spaccature insanabili, maggioranza in frantumi, Giorgia Meloni con un diavolo per capello e Giancarlo Giorgetti, per l’ennesima volta, determinato a sbattare la porta per la presunta sfiducia da parte della sua maggioranza. A fare la sintesi ci ha pensato lo stesso ministro dell’Economia ieri mattina dopo essersi recato in Commissione Bilancio al Senato. «Alle dimissioni», ha confessato Giorgetti, «ci penso tutte le mattine, che sarebbe la cosa più bella da fare per me personalmente. Però siccome è la 29ma legge di bilancio che faccio, so perfettamente come funziona, so perfettamente che sono cose molto naturali. Alla fine a me interessa il prodotto finale, non il prodotto che presento io. Naturalmente pensiamo di aver fatto delle cose giuste, crediamo di lavorare bene nell'interesse di tutti gli italiani e i risultati vanno in questa direzione».

Per carità, nessuno nega che ci siano stati intoppi, inciampi, incomprensioni e pure tensioni. Molte delle quali create incomprensibilmente dagli stessi esponenti della maggioranza per provare a piantare delle insignificanti bandierine identitarie. Ma, come dice saggiamente il titolare di Via XX Settembre, ciò accade ad ogni manovra di bilancio, chiunque ci sia a Palazzo Chigi, e quello che conta è il prodotto finale. Che non solo ha tenuto la barra dritta rispetto alle intenzioni iniziali, ma ha addirittura rispettato i tempi previsti dal calendario.

Come ha sottolineato il presidente di Palazzo Madama Ignazio La Russa, che nel pomeriggio, dopo il via libera in Commissione, ha ringraziato la maggioranza e l’opposizione per aver «consentito che i lavori seguissero i tempi che ci eravamo dati in capogruppo» e che prevedono domani l’inizio della discussione in Aula. Ad un occhio disattento il testo che arriverà all’esame del Senato potrebbe sembrare stravolto rispetto all’impianto originario. Illusione favorita anche dalla foga con cui ogni forza politica si affanna a rivendicare il proprio intervento nel cambiamento di ogni virgola. Ma a ben guardare le modifiche di rilievo sono solo quelle che il governo aveva promesso alle imprese, rifinanziamento della Zes e di Transizione 4.0 ed estensione triennale dell’iperammortamento, con l’aggiunta di una correzione espansiva della detassazione dei rinnovi contrattuali, che molti osservatori avevano giudicato troppo restrittiva. Quanto alla presunta baraonda che avrebbe dovuto far crollare la maggioranza, è durata al massimo 72 ore e tra un paio di giorni nessuno ne parlerà più. Fossero state tutte cosi le crisi di governo l’Italia sarebbe probabilmente un Paese migliore.

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