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Silvia Salis e Ruffini, la manovra a tenaglia: è assedio alla Schlein

di Elisa Calessi lunedì 22 dicembre 2025

3' di lettura

Il centro del centrosinistra torna a farsi sentire. Ha cominciato Silvia Salis, sindaca di Genova, con una lunga intervista sul Venerdì di Repubblica, mettendo in chiaro che non ha nessuna intenzione di candidarsi a eventuali primarie di coalizione. Poi, ieri, Ernesto Ruffini, fondatore dei comitati Più Uno (una riproposizione 2.0 dei comitati dell’Ulivo) ha dato una bordata a Elly Schlein. «Non la vedo come premier», ha detto in un’intervista al Foglio, aggiungendo che «ai miei occhi chi si vede adesso come premier, anziché guadagnare punti ne perde».

E sempre ieri due iniziative si sono svolte al centro. Una ad Assisi, a Santa Maria degli Angeli, dove è nato il laboratorio di “Comunità riformista”, che mette insieme varie associazioni territoriali, l’Avanti Psi di Enzo Maraio e il mondo vicino a Ruffini, che infatti era presente. «Il laboratorio che parte qui ad Assisi è di buon auspicio», ha detto l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, «per cercare di chiamare a raccolta tutte le forze riformiste per contribuire a formare un pensiero politico. L'ambizione è quella di creare una comunità e poi quella di governarla, per fare e per contrapporsi a questo governo di destra che non sta portando avanti il Paese».

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Intanto a Roma Alessandro Onorato, assessore ai Grandi Eventi e fondatore di Progetto Civico, altra realtà che prova a mettere insieme le esperienze civiche che da Nord a Sud sostengono maggioranze di centrosinistra, ha riunito i suoi sostenitori per gli auguri di Natale. «Gli spazi sui talk», si è lamentato, «non ce li danno», ma «il successo tra la gente è inversamente proporzionale alla presenza in tv. Ovunque siamo andati, dal nord al sud, abbiamo riempito sale con centinaia di persone. La realtà però batte la finzione. Non ci sentiranno arrivare». Ma «tra tre-quattro mesi, quando le regole saranno chiare, lanceremo una costituente per un nuovo partito».

Un partito che vuole stare nel centrosinistra. E che sarà pronto, se si faranno le primarie di coalizione, a candidare un proprio esponente. «Qualcuno di noi sicuramente lo farà», ha risposto Onorato a domanda precisa su questo.

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Molto, certo, dipenderà dalla legge elettorale. Se verrà cambiata e ci sarà l’obbligo dell’indicazione del candidato premier, magari solo come firmatario del programma e non sulla scheda (opzione che si sta valutando per evitare possibili criticità costituzionali), allora le primarie saranno inevitabili, a meno che non ci si accordi su una personalità terza, che non appartiene a nessun partito (tipo Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, ma l’ipotesi per ora è remota). Diversamente, se la legge dovesse restare questa, ogni partito sarà capitanato dal suo leader.

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Schlein è convinta che, alla fine, il centrosinistra non potrà che candidare lei. Sia nel caso in cui si dovessero tenere le primarie, sia se si seguisse la regola adottata dal centrodestra alle ultime elezioni politiche (va a Palazzo Chigi il leader del partito che prende più voti). La decisione di Salis di togliersi dalla mischia di eventuali primarie, nel breve termine aiuta la segretaria del Pd. Viene meno una competitor che rischiava di togliere voti dem a Schlein, sul fronte riformista. Una possibile emorragia al centro che, sommata a quella che potrebbe avvenire sul lato sinistro verso Conte, rischierebbe di penalizzare molto la segretaria. Ma sul lungo periodo la scelta di Salis potrebbe diventare insidiosa. La sindaca di Genova, infatti, non vuole candidarsi e fare il front-women dei riformisti (come sognava Matteo Renzi) non per ritrosia a scendere in campo sulla scena nazionale, ma perché è convinta che quel campo può guidarlo da numero uno, da candidata di tutto il centrosinistra per Palazzo Chigi. O matureranno delle condizioni per cui saranno gli attuali leader del centrosinistra a chiederglielo oppure, è il ragionamento, corrino con chi vogliono. Perderanno. E il giorno dopo le elezioni, tutti guarderanno a lei come a un’àncora di salvezza. Una riflessione che nella seconda parte è possibile, ma nella prima appare al momento complicata. Schlein non intende regalare a nessuno il ruolo che le compete (per statuto e per logica politica). Conte meno ancora.

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