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Digital Health: identikit del paziente oncologico

I dati dell’indagine realizzata dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, in collaborazione con l’Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (Aimac) grazie al contributo di Gilead Sciences Italia
di Maria Rita Montebelli domenica 20 ottobre 2019

5' di lettura

Internet, social network, community online, app dedicate alla salute (circa 325 mila quelle disponibili oggi), braccialetti e altri dispositivi wearable, dati sanitari digitalizzati: la digital health ha subito una notevole accelerazione negli ultimi anni, proponendo nuove soluzioni per medici e pazienti. Ma come vengono usati questi strumenti da chi ha ricevuto una diagnosi di tumore? A rispondere a questa domanda è la prima indagine italiana condotta su una specifica comunità di pazienti. L’indagine ‘Conoscenza, uso e attitudine verso gli strumenti di Digital Health tra i pazienti oncologici’ è stata coordinata da Eugenio Santoro, Responsabile del Laboratorio di Informatica Medica dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, e svolta in collaborazione con Aimac - Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici, grazie al contributo di Gilead. Alcuni dei principali risultati emersi sono stati presentati in occasione della Cerimonia di Premiazione dell’Edizione 2019 di Fellowship e Community Award Program, i 2 bandi di concorso che da 9 anni Gilead Sciences promuove in Italia nell’ambito delle malattie infettive, epatiche e oncoematologiche. L’indagine. Una survey online composta da circa 40 domande è stata inviata ai pazienti oncologici afferenti ad Aimac. I dati sono stati raccolti tra luglio e settembre 2019, in maniera anonima e nel rispetto delle norme sulla privacy. In tutto, 537 persone hanno compilato integralmente il questionario; circa la metà del campione è rappresentata da donne con una diagnosi di tumore al seno.  Tre i principali obiettivi dello studio: analizzare come i pazienti oncologici utilizzano Internet e i social network per la ricerca di informazioni; comprendere le loro attitudini verso l’innovazione digitale (in particolare app, wearable, internet e social network, strumenti di digitalizzazione dei dati sanitari personali); descrivere gli strumenti tecnologici utilizzati nella comunicazione medico-paziente e la tipologia di contenuti che vengono scambiati. Le fonti online per il paziente oncologico. Internet si conferma una fonte importante di reperimento delle informazioni: è al secondo posto, dopo l’oncologo e prima del medico di famiglia. Se infatti l’oncologo è la fonte principale per l’81% dei pazienti, il Dottor Web è consultato dal 74% di loro. Il noto motore di ricerca Google è lo strumento più gettonato (62%), ma è da segnalare la tendenza a consultare siti “istituzionali”, come quelli delle società scientifiche, delle istituzioni sanitarie e delle associazioni di pazienti (circa 40%), segno della maturità di questa tipologia di pazienti. L’affidabilità percepita delle informazioni trovate è abbastanza elevata per quelle provenienti dai siti web (per il 63%) e dalle community online chiuse (scambio di informazioni “tra pari”, usate per cercare informazioni dal 24% dei pazienti ma affidabili per il 51%), mentre ci si fida poco di quello che si legge sui social media (come Facebook, Twitter e Instagram) o che si vede su YouTube (con percentuali di chi le ritiene affidabili del 20% e del 16%, rispettivamente). Spicca un dato: raramente sono i medici a indirizzare i pazienti sui siti in cui poter approfondire tematiche legate alla loro salute: solo il 5% dei pazienti ha ricevuto questo suggerimento. Cosa si cerca online. Chi ha avuto la diagnosi di tumore cerca online soprattutto informazioni sui sintomi (56%), sui centri di cura e sui medici (50%), sui trattamenti prescritti dall’oncologo (46%) e sugli stili di vita (43%). Solo 2 su 10 interrogano il web riguardo alle cure alternative. Ben 3 pazienti su 4 si dicono in grado di comprendere il significato delle informazioni che trovano, e 3 su 5, poi, condividono queste informazioni con il proprio medico. Ancora poco usate le app per la salute. Non sono molti i pazienti oncologici che usano almeno una app per smartphone: il 32%. Le più in voga sono le app per fruire dei servizi sanitari, come le prenotazioni di visite mediche o esami e l’accesso ai referti (17%) e per tenere traccia dell’attività fisica (16%). Segno che i pazienti oncologici sono tendenzialmente pratici - usano le app che hanno una utilità concreta - e che, probabilmente, sono consapevoli dell’importanza dello stile di vita nella prevenzione delle recidive. Al terzo posto troviamo le app dedicate a dieta e alimentazione (9%). Poco utilizzate, invece, le app per il monitoraggio dei parametri di salute e per migliorare l’aderenza alle cure, complice anche la mancanza di adeguate validazioni scientifiche. Circa 1 su 5 condivide con lo specialista i dati raccolti. Ma, di nuovo, solo il 10% di chi utilizza questi strumenti lo fa su suggerimento del medico o dell’oncologo. Nel complesso, le app per la salute sono ancora poco conosciute e ritenute poco affidabili, ma 8 pazienti su 10 tra coloro che non le usano sarebbero disposti a farlo se il medico o l’oncologo lo suggerisse. Wearable, questi sconosciuti. Solo il 13% dei pazienti intervistati usa un  braccialetto o un orologio intelligente, in particolare per controllare l’attività fisica. Tra coloro che dichiarano di usarli, solo il 7% lo fa dietro il suggerimento del medico o dell’oncologo, mentre circa 1 paziente su 10 condivide con il professionista i dati raccolti. Tra i motivi per cui non vengono usati vi è la scarsa conoscenza della disponibilità di questo tipo di strumenti  o lo scarso interesse nei confronti del loro impiego (da sole queste ragioni rappresentano il 55%). Solo il 3% si preoccupa della protezione e dell’uso dei dati. Anche in questo caso, 8 pazienti su 10 tra coloro che non usano questi strumenti sarebbero disposti a farlo se solo il proprio medico o oncologo lo suggerisse. App e wearable, strumenti utili a prescindere. I pazienti ritengono che App e wearable, a prescindere da quanto vengano effettivamente utilizzati, siano strumenti utili per il coinvolgimento del malato nelle scelte che riguardano la propria salute, per capire il proprio stato di salute (76%), per migliorare la comunicazione medico-paziente (65%) e per favorire l’aderenza al trattamento (64%). Tutti vogliono la digitalizzazione dei dati sanitari personali. Quasi tutti i pazienti intervistati (95%) ritengono importante poter fruire di un sistema in grado di archiviare e rendere accessibili al proprietario i dati sanitari, convinti che questo possa favorire la cura e l’assistenza personale e familiare. Questa possibilità è oggi una realtà solo per il 47% del campione. Il medico lo contatto su Whatsapp. I pazienti fanno ampio uso di strumenti tecnologici per comunicare con il proprio medico. E i pazienti oncologici non fanno eccezione, come dimostra l’elevata percentuale (62%) di coloro che usano almeno uno strumento tecnologico per questa attività. Tra i più usati vi sono le email e Whatsapp (53% e 41%, rispettivamente), a cui seguono gli sms (16%). Poco impiegati risultano invece essere i sistemi di comunicazione particolarmente avanzati come Facebook Messanger, Skype e Telegram, e le piattaforme di social media, con percentuali tra l’1% e il 3%. Cosa condividono? Soprattutto referti (52%), richieste di esami, appuntamenti e farmaci (44%) e dati di laboratorio (42%). (MARCO BIONDI)

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