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“Stop alla sepsi!” È dell'Italiail primo documento in Europa

Ogni anno sono più di 5mila le vittime di questa grave emergenza sanitaria in Italia e i numeri sono destinati ad aumentare. Un documento di consenso si propone di arrestarla
di Maria Rita Montebelli domenica 27 maggio 2018

4' di lettura

Proviene proprio dal nostro paese il primo documento di consenso a livello europeo per definire le procedure diagnostiche da mettere in campo per affrontare una emergenza sanitaria molto grave: la sepsi. Si tratta di una condizione che può diventare estremamente severa – tanto da mettere in pericolo la vita del paziente - e consiste nella disfunzione d’organo generata da una risposta anomala a una infezione. a sepsi costituisce, infatti, la settima causa di morte in Europa e in Nord America e, in Italia, ogni anno si registrano più di 5 mila vittime, ed è un numero destinato a crescere. La corretta diagnosi della sepsi rappresenta oggi la vera ‘urgenza-emergenza in laboratorio’ e quindi l’anello debole che va identificato e corretto. Ed è proprio per far fronte a questo problema ancora irrisolto che un gruppo di esperti italiani ha puntato l’attenzione, nel primo documento di consenso a livello europeo – realizzato con il patrocinio dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli), della Società italiana di microbiologia (Sim), della Società italiana multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni nelle organizzazioni sanitarie (Simpios) e della Società italiana di farmacia ospedaliera (Sifo) e con il supporto incondizionato di Becton Dickinson – sulle procedure cui vengono sottoposti i pazienti nel percorso di diagnosi dell’infezione identificando le corrette modalità per individuare tempestivamente la sepsi e fornire delle linee guida su come effettuare una adeguata e standardizzata opera di formazione e informazione del personale sanitario coinvolto in questo processo.“La sepsi è ormai un’emergenza sanitaria, al punto che in un futuro prossimo i morti per sepsi supereranno quelli per patologia neoplastica. Si tratta di una disfunzione d’organo generata da una risposta disregolata dell’ospite ad una infezione – dichiara Bruno Viaggi, dipartimento di anestesia, neuroanestesia e rianimazione, azienda ospedaliero-universitaria Careggi, Firenze, membro del Gruppo italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva (Giviti), Istituto Mario Negri, Milano - La sepsi è una sindrome tempo-dipendente e se non trattata precocemente può evolvere rapidamente in shock settico che attualmente, nonostante i progressi ottenuti in ambito diagnostico-terapeutico, mantiene una mortalità sempre molto elevata pari a circa il 50 per cento dei casi”. L’emocoltura, ossia l’isolamento e l’identificazione di eventuali microrganismi presenti nel sangue, rappresenta l’esame cardine nella diagnosi di questa infezione. Il documento di consenso punta l’attenzione in particolare sulla corretta esecuzione dell’emocoltura individuando i principali punti critici che riguardano fondamentalmente la disinfezione della cute del paziente, il numero di campioni di sangue prelevati e la tempistica di consegna dei campioni ai laboratori di microbiologia.“L’emocoltura è un esame fondamentale per individuare la presenza di germi e rappresenta il gold standard per impostare una terapia antibiotica mirata. Purtroppo oggi l’esecuzione di questo esame non sempre è eseguito in modo conforme a quanto indicato dalle linee guida commettendo errori anche banali durante tutto il processo della sua esecuzione – precisa Viaggi - Se l’emocoltura non è eseguita correttamente, infatti, può diventare un esame del tutto inutile, vanificando tutto il percorso. Ad esempio, se il campione non viene inviato in laboratorio preferibilmente entro un’ora o al massimo entro 4 ore dal prelievo, il rischio è di avere una mancata positivizzazione del campione anche in presenza di patogeni. Questo conferma quanto sia importante il fattore 'tempo' nell’esecuzione di questo esame: solo una diagnosi rapida e tempestiva, infatti, può salvare la vita del paziente”. Numerosi studi condotti in pazienti adulti con batteriemia e fungemia hanno dimostrato che la quantità di sangue che viene prelevato è una discriminante importante per fornire il materiale necessario all’analisi microbiologica e quindi per la buona riuscita dell’esame. “Spiegandolo in parole semplici si può dire che se si preleva una quantità di sangue ridotta diminuisce la sensibilità del sistema diagnostico e quindi non si ottengono risultati attendibili. Ma anche se la quantità di sangue prelevata è eccessiva cambiano gli equilibri di rilevazione rendendo praticamente inutile l’emocoltura - commenta Roberto Rigoli, vicepresidente Amcli, direttore dipartimento di patologia clinica, Marca Trevigiana - Le linee guida riportate nel documento di consenso raccomandano che vengano riempiti almeno 4 flaconi, anche se in assenza di difficoltà tecniche o di altre problematiche il prelievo di 6 flaconi è da considerarsi ottimale. Troppo spesso, invece, ci si ferma al prelievo di due soli flaconi. Perché l’emocoltura dia risultati attendibili, preservando la sicurezza del paziente, è necessaria la consegna immediata dei campioni – continua Rigoli - Laddove i laboratori di microbiologia non sono aperti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, è necessario predisporre degli incubatori delocalizzati in cui lasciare i campioni appena prelevati in attesa che vengano effettuate le analisi”. Altro punto importante è la corretta disinfezione della cute del paziente e del personale sanitario, fondamentale per evitare che i campioni vengano contaminati da batteri e/o funghi presenti sulla pelle del paziente o sulle mani dell’operatore. “Eseguire una corretta antisepsi della cute del paziente è necessario affinché i microrganismi presenti sulla pelle non vadano ad inquinare il campione di sangue prelevato - conclude Gaetano Privitera, presidente Simpios, direttore unità operativa complessa igiene ed epidemiologia universitaria e coordinatore area funzionale rischio clinico, azienda ospedaliera-universitaria pisana - Il documento di consenso indica le modalità corrette per eseguirla come ad esempio la necessità di ricorrere a disinfettanti a base di clorexidina al 2 per cento in alcool 70 per cento e di non toccare il sito di prelievo dopo la disinfezione se non con guanti sterili”. (MATILDE SCUDERI)

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PROCEDURA SANITARIA
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BRUNO VIAGGI
ROBERTO RIGOLI
GAETANO PRIVITERA
MATILDE SCUDERI
ASSOCIAZIONE MICROBIOLOGI CLINICI ITALIANI AMCLI
SOCIETÀ ITALIANA DI MICROBIOLOGIA
SIM
SOCIETÀ ITALIANA MULTIDISCIPLINARE PER LA PREVENZIONE DELLE INFEZIONI NELLE ORGANIZZAZIONI SANITARIE
SIMPIOS
SOCIETÀ ITALIANA DI FARMACIA OSPEDALIERA
SIFO
BECTON DICKINSON

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