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Ricerca: la realtà si vede come un film, scoperti diversi ritmi del cervello

domenica 10 dicembre 2017

2' di lettura

Roma, 5 dic. (AdnKronos Salute) - Quando si guarda un film non si vede una sequenza di immagini fisse, ma si coglie un movimento continuo. E' l’effetto della velocità con cui passano i fotogrammi. Qualcosa di analogo accade nel cervello umano, che raccoglie e rielabora singoli stimoli visivi a intervalli di tempo, ma alla fine dà l’impressione di vedere una realtà fluida. Lo ha scoperto una ricerca condotta all'interno del progetto "Construction of perceptual space-time" e pubblicata in questi giorni su Pnas. Il primo autore è Luca Ronconi, assegnista di ricerca al Cimec (Centro Mente-Cervello) dell’università di Trento. Le informazioni che arrivano dall’esterno sono molte e complesse, il sistema percettivo mette allora in atto un campionamento del flusso a intervalli di tempo regolari. Spiegano Ronconi e David Melcher, principal investigator del progetto Eec e professore del Cimec: "Lo studio mostra la coesistenza di più ritmi nella nostra percezione visiva e ciò potrebbe spiegare perché non percepiamo la realtà in maniera frammentata e discontinua, come avviene invece in alcuni disturbi psichiatrici (come la schizofrenia) o indotti da un danno neurologico". "Diversi disturbi - ricordano gli esperti - sono caratterizzati da deficit di integrazione o segregazione temporale e in futuro queste conoscenze sul funzionamento della percezione saranno potenzialmente utili per implementare training per pazienti con questi disturbi, per modificare le finestre di integrazione temporale anomale". Esercizi per imparare a 'sintonizzare' la propria percezione sugli stimoli visivi e a superare la discontinuità tra i diversi intervalli di tempo. Ma i risultati "possono essere usati per sviluppare nuove tecnologie nel campo dei video". In pratica, i ricercatori hanno scoperto e dimostrato "la coesistenza di più (almeno due) ritmi che sono presenti allo stesso tempo nella nostra attività cerebrale, ma con effetti diversi sulla percezione". Come si è arrivati a questa conclusione? "Abbiamo 'ingannato' i nostri partecipanti - riferiscono - presentando loro degli stimoli che pur essendo sempre uguali, potevano essere percepiti come eventi distinti (quali erano) o, al contrario, come eventi unici. Abbiamo misurato l’attività elettrica cerebrale mediante l’elettroencefalografia e abbiamo usato anche una metodica innovativa (un classificatore) in grado di predire accuratamente la percezione del soggetto dall’attività elettrica cerebrale immediatamente precedente alla presentazione degli stimoli. In altre parole, riuscivamo a predire ancora prima dell’evento come sarebbe poi stato percepito dal soggetto". Il cervello ha "un ritmo più veloce per percepire stimoli a poche decine di millisecondi di distanza, un ritmo più lento per percepire stimoli che venivano proposti a intervalli più ampi. I ritmi cerebrali più lenti possono 'mascherare' la discontinuità e assicurarci l’impressione di una realtà continua nonostante la nostra percezione abbia dei limiti e operi tramite piccole finestre nel tempo", concludono.

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