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Italia-Zambia senza frontiere

Esami e cure via satellite
di Albina Perri sabato 13 dicembre 2008

2' di lettura

Le cure mediche viaggiano anche via satellite. Accade tra Desio e Chirundu, località dello Zambia, stato del Centro Africa, a 150 km dalla capitale Lusaka. L’intero progetto è sostenuto dai “Patologi oltre frontiera”, organizzazione nata nel 1999 e da allora sempre attiva nei Paesi africani. A far da coordinatore è il dottor Faravelli, primario di Anatomia patologica all’ospedale di Desio, che ha raccolto le testimonianze dell’esperienza iniziata nel 2005 nel libro “Parabola africana”. Un titolo emblematico, dal momento che a far da tramite tra la Lombardia e lo Zambia è il satellite Intelsat IS10 che orbita lungo l’Equatore: il satellite raccoglie le informazioni spedite dalla parabola africana per poi trasmetterli ad un computer davanti al quale siede un patologo italiano che analizza gli esami del paziente dell’ospedale Mtendere, formula la diagnosi e la invia nuovamente in Africa. Un meccanismo efficace che deve fare i conti con gli alti costi: i collegamenti via satellite vanno dai 2.000 ai 2.500 euro al mese di abbonamento per la banda larga, una spesa enorme per un piccolo ospedale come quello zambese che non può comunicare in altro modo. L’equipe in totale è composta 200 persone tra medici, biologi e tecnici, al punto che il centro di Chirundu è diventato uno dei più importanti tra lo Zambia e gli stati limitrofi. Al progetto partecipa attivamente anche la diocesi milanesi: lo stesso ospedale fu voluto dal cardinale Montini negli anni ’60 e da allora il sostentamento economico è quasi completamente gestito dalla curia, al quale si è aggiunto quello ottenuto da una raccolta di fondi internazionali. Antonio Antidormi, vicedirettore dell’Ufficio per la pastorale missionaria sottolinea che ammonta a circa 400.000 euro il contributo annuale, anche se a conti fatti la spesa necessaria è pari quasi al doppio. Racconta Faravelli: “In Italia i patologi sono all’incirca 3.000, in Africa ce ne sono pochissimi. Nel corso di questi anni abbiamo così provveduto a formare dei tecnici con i corsi”. “Nel corso degli anni – prosegue - si sono susseguite le staffette di medici italiani per portare avanti il progetto”. E l’impegno non finisce qui: in cantiere c’è un battello che navighi sul lago Vittoria per offrire cura alle donne, particolarmente colpite dal tumore alle ovaie nelle regioni centrali del continente nero.

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