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Il gelo è nemico del cuorecresce il pericolo d'infarto

Il pericolo cresce fino al 34 per cento in chi è a rischio cardiovascolare e fa grossi sforzi fisici al gelo: il mix di freddo e fatica fa salire la pressione arteriosa e il battito cardiaco aggravando ulteriormente il rischio di attacchi cardiaci
di Maria Rita Montebelli domenica 16 dicembre 2018

3' di lettura

Occhio alla colonnina del mercurio se cuore e vasi non sono in perfetta forma: ogni volta che la temperatura scende sotto lo zero. L’aumento di 8 gradi di temperatura riduce il rischio d’infarto del 3 per cento, come ha dimostrato lo studio Swede heart. Lo sottolineano gli esperti in occasione del 79° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), invitando i pazienti a rischio anche a non impegnarsi in attività pesanti all’aperto quando è molto freddo: l’associazione fra fatica e temperature polari, infatti, può essere un vero nemico per il cuore e aumentare fino al 34 per cento il pericolo di un infarto. Meglio poi proteggersi dai malanni invernali, perché le infezioni respiratorie aumentano fino a 6 volte il pericolo di andare incontro a un attacco cardiaco. “Gli studi che indicano il freddo intenso come un possibile pericolo per cuore e vasi sono numerosi: una recente indagine svedese condotta su oltre 274 mila pazienti con problemi cardiovascolari seguiti nell’arco di 16 anni, pubblicata su Jama, ha dimostrato che nelle giornate con una temperatura al di sotto di 0 °C il numero di infarti cresce – spiega Giuseppe Mercuro, presidente SIC – La neve invece non sembra un fattore di rischio quello che conta è sempre la bassa temperatura che è l’elemento maggiormente associato all’aumento della probabilità di eventi cardiovascolari. Tuttavia, anche la velocità del vento, un minore numero di ore di luce e la bassa pressione atmosferica fanno salire il pericolo: in altri termini, quindi, le giornate invernali fredde e di maltempo sono quelle in cui la probabilità di problemi cardiovascolari è massima. Il suggerimento è quello di ‘aggiustare’ dal cardiologo la terapia anticoagulante riducendo l’esposizione al freddo attraverso abbigliamento e riscaldamento adeguati. “Il meccanismo responsabile dell’aumento del rischio di attacco cardiaco dopo un’esposizione al freddo intenso è legato a molti fattori, tra cui il più importante è l’effetto di vasocostrizione indotto dalle basse temperature – osserva Ciro Indolfi, presidente eletto SIC - Il restringimento dei vasi sanguigni infatti potrebbe indurre una rottura della placca coronarica e provocare la formazione di un trombo. Se poi ci si aggiunge la fatica di spalare la neve, che aumenta molto la pressione arteriosa e fa salire il battito cardiaco oltre il 75 per cento della frequenza cardiaca massima, il pericolo cresce ancora. Tutto questo è vero soprattutto in pazienti che non sono in perfette condizioni di salute o hanno numerosi fattori di rischio cardiovascolare, per esempio colesterolo alto, ipertensione, pregressi infarti. L’eventualità di un infarto inoltre è consistente specialmente se si sceglie di attività fisica al mattino, fra le 6 e le 10, quando la probabilità di eventi cardiovascolari è massima nell’arco delle 24 ore. Infine, non bisogna dimenticare che anche le infezioni respiratorie, molto frequenti durante la stagione invernale e anch’esse in parte favorite dal freddo eccessivo, possono contribuire ad aumentare il rischio di infarto: nei giorni successivi a tosse, raffreddore o influenza (si può dire?)  la probabilità di un attacco di cuore può aumentare fino a sei volte, soprattutto nei pazienti più fragili”. (FABRIZIA MASELLI)

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CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI CARDIOLOGIA
SIC
CUORE
INFARTO
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GIUSEPPE MERCURO
CIRO INDOLFI
FABRIZIA MASELLI

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