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Nella pattumiera da 4,81 a 13 euro a famiglia a settimana

A rilevarlo è un'indagine Knowledge for Expo e Waste Watcher
domenica 20 ottobre 2013

3' di lettura

Roma, 15 ott. - (Adnkronos) - In Italia si 'buttano via', in alimenti non consumati e quindi sprecati, dai 4,81 ai 13 euro a famiglia ogni settimana. E a sprecare maggiormente è chi spende di più per la spesa alimentare, chi acquista di più cibo pronto e le famiglie più numerose. A rilevarlo è un'indagine Knowledge for Expo e Waste Watcher e che, in occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione del 16 ottobre, individua 9 'spreco-tipi' italiani, sulla base delle motivazioni che li portano a buttare via gli alimenti. La maggior parte di loro, purtroppo, rientra nelle categorie più 'sprecone': il “fanatico del cotto e mangiato”, il “cuoco esagerato”, “l’illuso del packaging”, “lo sperimentatore deluso” e “l’accumulatore ossessionato. Cominciamo dai tipi più virtuosi: il 35% degli italiani che appartiene alla categoria meno sprecona, cioè il "sensoriale che getta solo se costretto". Questo tipo getta in media 4,81 euro settimanali per nucleo familiare, ritiene che lo spreco alimentare rappresenti un problema molto grave per il pianeta e getta via solo se costretto. Altri tre spreco-tipi si collocano al di sotto della media dei 7,06 euro di costo-spreco settimanale per famiglia: l’ “ignaro un po’ marginale” (6,01%) che non conosce le cause dello spreco, non ha opinioni, ignora la differenza tra la data di scadenza di un cibo e la dicitura 'da consumarsi preferibilmente entro'; il “nostalgico autoisolato, arreso ma senza cause precise” (5,21%) e il “cliente della spesa grande, ma tifoso del fresh” (15,22%). Questi ultimi due spreco-tipi gettano settimanalmente 5,06 euro e 6,97 euro per nucleo familiare. Il secondo, in particolare, per motivi di tempo ha uno stile di acquisto legato alla grande distribuzione di cui lamenta una scarsa capacità di conservare frutta e verdura, consuma prodotti freschi, di località vicine, è sensibile ai temi dell'alimentazione sana e sostenibile. Al di sopra della media dei 7,06 euro di costo-spreco settimanale per famiglia si collocano 5 spreco-tipi: il “fanatico del cotto e mangiato”, il “cuoco esagerato”, “l’illuso del packaging”, “lo sperimentatore deluso” e “l’accumulatore ossessionato”. Per loro, lo spreco tocca punte di quasi 13 euro alla settimana. Ed ecco l'identikit di questi italiani spreconi: in generale hanno un tenore di vita medio-alto, ma è su loro che le azioni anti-spreco hanno più effetto: tecnologia della conservazione, consigli per fare bene la spesa e sul consumo, packaging intelligente, possono fare la differenza. Insomma, è proprio qui che, secondo lo studio, emerge la contraddizione: più elevata è la partecipazione a modalità attive e moderne di vita sociale e maggiore sembra esserci il rischio di generare spreco. La relazione tra spreco medio e spesa media è infatti positiva: all’aumentare della spesa aumenta la quantità di spreco generato. Stessa cosa accade per il numero di componenti della famiglia, con un’intensità della relazione però più bassa. Fa aumentare lo spreco anche l’aumentare della quota degli acquisti di cibo pronto. La relazione è negativa invece con l’età: più si invecchia meno si spreca. La relazione tra lo spreco pro-capite e la spesa per consumi (entrambe settimanali) rileva che a livelli di spesa pari a 100 euro corrisponde uno spreco pro-capite di poco più di 1,5 euro. All’aumentare della spesa, aumenta lo spreco, fino alla 'soglia di saturazione' dei 350 euro di spesa media settimanale; oltre la quale lo spreco diventa costante. Infine, ecco i motivi per cui si butta via il cibo: primeggiano “la muffa” (38,94%) e “era scaduto” (32,31%), seguiti da “era andato a male fuori dal frigo nel caso di frutta e verdura” (26,69%), "l’odore o il sapore non sembravano buoni" (25,58%). In misura sensibilmente inferiore sono state indicate cause come “aver cucinato troppo cibo” (13,29%), “aver calcolato male gli acquisti” (13,15%), o addirittura motivazioni più 'capricciose' come aver acquistato “cose che non piacevano” (6,61%).

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