Figlio d'arte
Alessandro Gassman su papà Vittorio: "Era terrorizzante, quando parlava di sé in pubblico mi vergognavo"
"Papà era più spaventoso di me, quando si arrabbiava era terrorizzante, gli bastava lo sguardo silente": Alessandro Gassman si è raccontato in una lunga e intima intervista al Corriere della Sera. Al centro del colloquio anche il rapporto con il padre Vittorio, celebre attore, regista e sceneggiatore, venuto a mancare nel 2000. Facendo un paragone col rapporto che lui ha con suo figlio Leo, ha detto: "Lui ha potuto avere molte più sicurezze, mentre io ero un pacco che viaggiava da un padre a una madre".
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Gassman, comunque, non nasconde di avere imposto anche lui delle regole rigide per l'educazione del figlio: "Sono stato severo in modo metodico nel proibire il cellulare fino ai suoi 15 anni e il motorino fino a 16". Continuando a parlare del padre Vittorio, poi, ha dichiarato: "Mi fece fare il macchinista teatrale per due anni, inculcandomi il concetto di stanchezza fisica. Ho smesso di essere figlio il giorno in cui, in tournée, stette male”.
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Il regista, che presto porterà al cinema “Il silenzio grande” con Massimiliano Gallo e Margherita Buy, ha anche sottolineato le enormi differenze che c'erano tra lui e il genitore: “Amava parlare di sé stesso in pubblico, io lo detestavo, ne avevo vergogna. Mi mise nelle mani di Enrico Lucherini, il press agent, che aveva un esercito di venti sarte e mi riconsegnò a papà che ero un’altra persona. Quel giorno capii che non volevo fare l’attore. Ero timidissimo”.
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