Forse in pochi hanno contezza del fatto che la matematica e la letteratura, contrariamente a quanto comunemente si pensi, sono unite da un legame indissolubile e fruttuoso. Se ne parla in un libro di grande interesse, C’era n volte (Il Saggiatore, 336 pagg,, 26 euro) di Sarah Hart. L’autrice si è accorta di questa connessione analizzando classici del passato e capolavori contemporanei riuscendo a mostrarci come in essi sia possibile rinvenire qualcosa in più sulla nostra natura e su quella dell’universo in cui siamo immersi. D’altra parte, l’universo è ricco di strutture fondamentali, schemi ricorrenti e regolarità, e quale strumento migliore come la matematica abbiamo per comprenderli? E dal momento che siamo parte di questa dimensione cosmica, risulta normale che le nostre forme di espressione, tra cui la letteratura, tendano a rispettare degli schemi e una struttura.
La scoperta di questa feconda liason tra numeri e parole data dal giorno in cui la Hart sentì dire da un matematico che Moby Dick conteneva un riferimento alle cicloidi. Dicesi cicloide quella curva geometrica che il matematico Blaise Pascal trovava talmente affascinante da sostenere che il solo pensiero bastasse a distrarlo dal mal di denti. Tuttavia, non capita spesso che la cicloide venga associata alla caccia alle balene. Ragione per la quale, la Hart decise fosse arrivato il momento di leggere il romanzo di Melville scoprendo che esso straripa di metafore matematiche. Le prime opere autoriali nella storia umana sono attribuibili a una donna molto speciale di nome Enheduanna, vissuta più di quattromila anni fa nella città di Ur. A lei si deve la prima raccolta di poesie: un ciclo di quarantadue Temple Hymns (Inni del tempio).
Ebbene, in qualità di alta sacerdotessa di Nanna, dio della luna, Enheduanna vantava anche conoscenze astronomiche e matematiche, cosa evidente nei suoi componimenti per il modo in cui usai numeri e perle diverse menzioni di calcolo e geometria. Facendo un bel salto nel tempo arriviamo all’immortale Shakespeare. I suoi componimenti constano di quattordici versi. Gli schemi metrici al loro interno variano, in genere, da lingua a lingua, ma il Bardo dell'Avon e molti autori inglesi tendevano a comporre tre quartine con schema abab. Matematica pura. George Eliot, che poi era una donna (il suo è lo pseudonimo di Mary Ann Evans) era dotata di un profondo interesse per la matematica, tanto è vero che nei suoi romanzi fa costantemente riferimento ad essa perché illumini i suoi pensieri. In Middlemarch, la discontinuità della munificenza del signor Brooke viene derisa con un principio fisico: ma conosciamo la definizione di filantropo data da un buontempone: uno la cui beneficenza aumenta in rapporto diretto al quadrato della distanza».
Nel bel mezzo di Finnegans Wake di James Joyce c’è un diagramma euclideo, mentre nell’Ulisse c’è un capitolo pieno di calcoli. La geometria viene citata già nel primo paragrafo della prima pagina del primo libro che Joyce abbia mai pubblicato, Gente di Dublino: «Ogni sera, alzando gli occhi sulla finestra, mi ripetevo sottovoce la parola paralisi. Mi era sempre parsa strana, come gnomone (la parte sporgente delle meridiane, ndr) in Euclide e simonia nel catechismo». Quando Gulliver, nel romanzo di Jonathan Swift, raggiunge l’isola di Laputa, scopre che i suoi abitanti sono ossessionati dalla matematica. Durante un pranzo alla reggia locale, «i domestici ci tagliavano il pane a coni, cilindri, parallelogrammi e in molte altre figure matematiche». In più cita una spalla di montone «tagliata a foggia di triangolo equilatero e un budino composto a mo’ di cicloide».
A proposito di letteratura per ragazzi, ci sono Peter, Susan, Lucy ed Edmund Pevensi nelle Cronache di Narnia di C.S. Lewis e le quattro case di Harry Potter (nato dalla penna di J.K. Rowling) a Hogwarts (Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde). «Non credo di essere la prima ad aver notato gli ovvi parallelismi tra le due saghe, non ultima la divisione dell’umanità tra persone coraggiose, intelligenti, gentili o malvagie. Aslan, il leone antico protettore di Narnia, associa esplicitamente i quattro ragazzi ai quattro punti cardinali (Peter, per esempio, e il nord), illustrando una delle ragioni per cui il numero quattro è considerato un numero sacro ai quattro angoli” scrive l’autrice. Esiste un simbolismo dei numeri in letteratura. Provate a chiedervi perché il genio della lampada garantisce sempre tre desideri. E perché è sempre il settimo figlio di un settimo figlio a essere dotato di poteri magici. A non dire dei sette nani di Biancaneve; le tre streghe di Macbeth; le tre Moire, le tre Grazie e le nove Muse dell’antica Grecia, i nove regni della mitologia norrena e via così.