Sport, arte e letteratura. Un trinomio da sempre evocativo di grandi narrazioni. L'impresa sportiva, del resto, ha nel suo stesso dna l'epica dell'eroismo. E, a proposito di epica, la disciplina che più di altre (e soprattutto da più tempo: millenni a dire il vero) è rappresentata con grande vigore, clamore e fascino da artisti dei più vari generi è proprio il pugilato. Quello che in età moderna abbiamo iniziato a chiamare boxe e ha continuato ad affascinare artisti come Andy Warhol che è stato forse il più famoso, nell'ultimo secolo, a celebrare la spiritualità profonda dal profilo al tempo stesso pop di un'icona come Mohamed Alì.
Nella Grecia antica il pugilato era parte dei giochi olimpici e la figura del lottatore era celebrata come modello di virtù eroica. Già allora il pugilato era una disciplina sportiva importante, parte dei giochi olimpici fin dal 688 aC Scene che gli artisti dell'epoca erano soliti immortalare sui tipici vasi come quello di Panopoli, datato intorno al VI secolo aC, dove sono raffigurati due pugili in un combattimento, attorniati da spettatori. Queste raffigurazioni non erano solo celebrazioni della forza fisica, ma anche testimonianze del valore e del coraggio, qualità fondamentali per l'uomo greco. L'arte romana continuò questa tradizione, ma con un approccio più brutale, come dimostrano i mosaici ei rilievi che raffigurano i combattimenti nei ludi gladiatori.
Compiendo un salto di oltre 2mila anni, troviamo Omar Hassan che da dieci anni è uno degli artisti italiani più conosciuti e apprezzati nel mondo. L'artista milanese, oggi 38enne, da giovane pugile si è trasformato, studiando all'Accademia di Brera, in un grande artista internazionale, allievo di Alberto Garutti, maestro di Arte Pubblica «ma anche della scuola concettuale di Pistoletto e Accardi» racconta Omar a Libero. Nel 2015 a Londra diventa un caso artistico mondiale grazie alle sue tele prese a pugni. «Un sogno nel cassetto che mi portavo dietro da quando avevo 14/15 anni e ho realizzato nella capitale inglese a Bond Street». Una scelta che ha premiato l'artista italiano di origine egiziane che ha già esposto in Giappone en egli Stati Uniti e oltre ai suoi 121 Breaking Through, veri e propri pugni di colore assestati alle tele «non per distruggere ma per creare» ci ha spiegato ancora Omar che al pugilato ha dediocato anche le sue sculture a forma di guantoni dedica a Hemingway e Michelangelo.
Se è, appunto, proverbiale la passione di Ernest Hemingway per la boxe che torna prepotentemente in più opere: da Fiesta a Addio alle armi, fino a un racconto inedito, ritrovato alla fine del 2022 con protagonista un Francis Scott Fitzgerald coi guantoni. Resta tra gli esempi icastici di commistione tra lettere e pugni senza dubbio anche il racconto Il combattimento di Jack London, nel quale il ring diventa metafora della vita e della brutalità dell'esistenza. E' un pugile anche uno dei protagonisti del romanzo dello scrittore argentino Osvaldo Soriano Quartieri d'inverno nel quale l'atleta lotta per la libertà del proprio Paese alle prese con le enormi difficoltà vissute dall'Argentina sotto la dittatura degli anni Settanta.
Sempre dal Sudamerica, ma dalla penna cilena di Luis Sepulveda arriva Il campione, un altro boxeur in lotta per la libertà nel suo Paese. Mentre in Italia si occuperà di pugni e pugili uno dei più atletici e pugnaci autori del '900 letterario Pier Paolo Pasolini che parlerà di pugilato di periferia nella sua opera Alì dagli occhi azzurri ma discetterà, invece, di pugilato professionistico in un celebre dibattito sulla stampa con Giovanni Arpino, in occasione del mitico incontro di boxe tra Benvenuti e Griffith del 1968, in cui il poeta friulano esprimerà tutta la propria antipatia addirittura politica per l'atteggiamento, secondo lui, «di destra» del grande campione italiano Nino Benvenuti che vinse, nonostante la gufata dell'intellettuale sinistro.