Dopo la polemica sollevata a Sanremo, Ghali torna a parlare della Palestina. O meglio, ad accusare la sua categoria. La colpa dei rapper? "Non dire un c*** sulla Palestina". "Il rap - esordisce in un lungo post social - è ufficialmente morto. Il silenzio dei rapper ha ucciso il genere". Per Ghali non esiste la diversità di opinioni, perché tutti devono essere pro-Pal. "Qualsiasi artista che millanta di essere un rapper e usa un sacco di parole per riempire le strofe ma non dice un c***o sulla Palestina non può definirsi tale". Per poi aggiungere: "Se sei un rapper e non parli di Palestina puoi anche smettere di avercela con gli sbirri. Se sei un rapper e non parli di Palestina puoi finalmente venderti del tutto (sempre se hai da vendere qualcosa). È anche vero che supportare la Palestina è un onore che non tutti possono avere".
Finita qui? Niente affatto, visto che arriva a dividere in tre categorie chi non si espone: "1) Non vi interessa, non è nel vostro algoritmo, non sapete 'come sono andate le cose', avete un'idea confusa su chi siano i cattivi e i buoni ormai da decenni o pensate che sia una questione che appartiene solo a una specifica etnia, lontana dalla vostra"; 2) "Sostenete il genocidio e sì, sostenerlo vuol dire anche semplicemente non schierarsi. Qui c'entriamo tutti. Ma, come ogni volta, sarà troppo tardi quando lo capiremo"; 3) "Avete paura di perdere soldi, posizione e lavoro".
Da qui il plauso ai manifestanti scesi in piazza: "L'Italia è attiva. L'Italia è in piazza e la Flotilla passerà alla storia. Le persone che si sono imbarcate per far valere il diritto internazionale, per portare aiuti a Gaza, le persone che scendono in piazza e perdono giornate di lavoro, non sono da attaccare o ridicolizzare, sono da proteggere perché stanno compiendo l'azione più concreta finora e rappresentano la speranza". Un'ultima stoccata è riservata ai politici, "complici di un genocidio". "Ma sono certo prima o poi il conto arriva".