«Inutile lamentarsi del politicamente scorretto, occorre essere intelligenti e scorretti». Detto fatto. Checco Zalone, al suo sesto film, cinque anni dopo l’ultimo (Tolo Tolo) mantiene la promessa e scodella una commedia da crampi addominali per quanto si ride. Si sent e si vede che al suo fianco è tornato Gennaro Nunziante alla regia, che l’aveva affiancato in tutti i film campioni di incassi (circa 220 milioni di euro fino al 2020) tranne l’ultimo, forse quello che è piaciuto meno al pubblico. «Non avevamo litigato, semplicemente le strade si dividono. Ora siamo pure vicini di casa a Bari», commenta Luca Medici, 48 anni, il vero nome di Checco Zalone.
Il 25 dicembre, giorno di Natale, esce al cinema in mille copie (prevendite già col vento in poppa) Buen Camino, film girato tra Sardegna, Francia e Spagna in cui Zalone interpreta un ricco cafone figlio di una dinastia di divani, che abbandona improvvisamente la villa in Sardegna e i preparativi per il suo cinquantesimo compleanno a tema antico Egitto (con tanto di piramidi vere) e la fidanzata 25enne di Città del Messico («Ma quale città del Messico», domanda) perché la figlia minorenne, di cui non sa neppure la data di nascita precisa, è scomparsa.
LA STORIA
Zalone, con parrucca biondo miele, vestiti da arricchito (male) e tatuaggi con la sua faccia, vola ai Parioli a casa dell’ex moglie, interpretata da una Martina Colombari truccata, ingrigita e invecchiata da perfetta intellettuale di sinistra. Qui arriva la prima battuta scorretta del film, sul neo marito della Colombari, un regista mediorientale coltissimo e impegnatissimo: «Vedete», dice Zalone, «è l’unico palestinese che occupa i territori. Gaza: Gaza mia».
Zalone riesce a rintracciare la figlia (interpretata da Letizia Arnò) corrompendo con bignè la migliore amica, che ha disturbi alimentari: «Cristal sta facendo il Cammino di Santiago», dice la ragazza. Sì, Cristal, Zalone ha chiamato la figlia come il costoso champagne.
Arriva nelle stradine del celebre pellegrinaggio con la Porsche. Trova la ragazza, la sgrida: «Ma cos’è questa storia? Tu molli tutto: l’equitazione, la ginnastica artistica, non porti niente a termine». E lei: «Ma se tu non hai mai fatto un ca...o tutta la vita». «Sì, è vero, ma l’ho fatto fino in fondo», replica fiero.
Zalone non è più l’italiano medio di tanti altri film, ma l’arricchito, il miliardario rozzo e ignorante che paragona i lettini dell’ostello alle brandine di Schindler’s List Shindler’s List con tanto di battuta sulla doccia (l’Olocausto l’aveva toccato anche in Quo Vado?).
Il cammino di Santiago lo cambierà? Zalone in conferenza stampa è dimesso, di poche parole: «Il motivo per cui faccio un film ogni cinque anni siete voi», dice ai giornalisti. La promozione, non ne fa mistero, non la ama. Nunziante è più ciarliero: «Ci siamo chiesti: chi è Checco oggi? E abbiamo abbiamo giocato con questa contrapposizione: il ricco volgare catapultato nel Cammino di Santiago, dove c’è l’immateriale. la spiritualità. È una commedia che indaga dove vanno certa volgarità, certi costumi. Siamo una società senza padri perché oggi non si sa esattamente chi è e cosa è l’uomo». Zalone lo definisce un film “famigliare”. Lui, separato dall’ex moglie Mariangela, ha due figlie, una di tredici e una di dieci.
«Mia figlia del film cerca i valori autentici, i miei veri figli no, stanno ore sui cellulari. Difficile che guardino video di più di 40 secondi.
Oggi i giovani seguono la comicità su Tik Tok, mi conoscono anche i piccolissimi perché vedono video spezzettati. L’idea di tenere i ragazzini scalamanti al cinema un’ora e mezzo mi spaventa, o meglio sono curioso di capire se ci stanno».
Quanto alle battute pesanti sopra citate, su Gaza e Shoah, Checco passa la palla a Nunziante: «Sono dette da un uomo stupido che non sa quanti siano i continenti e non sa che Città del Messico è una città. Un uomo che poi cresce. Uno deve vedere tutto il film».
LA CRITICA
«Gli voglio bene», replica Zalone a chi chiede, invece, una replica alle parole del suo ex produttore, Pietro Valsecchi, secondo cui l’artista ha cercato a un certo punto il sostegno dell’intellighenzia di sinistra. Repubblica, ieri, titolava: «Zalone in tono minore ma ognuno ride a modo suo», con “a modo suo” traducibile con: che brutta cosa far ridere con il parrucchino e fare tanti incassi, male che c’è Nanni Moretti.
Il film è realizzato da Indiana Production (con Marco Cohen, Benedetto Habib, Fabrizio Donvito e Daniel Campos Pavoncelli), in collaborazione con Medusa Film, MZL e Netflix, con la distribuzione Medusa.
«Incassi? Inutili essere ipocriti, ci aspettiamo di fare soldi», replica l’attore, «I produtturi sono molto fiduciosi. Si dovrebbe svegliare il 26 questo James....(Cameron, ndr) e chiedersi: «Ma chi ca...è Zalone?». Avatar 3 sta dominando le classifiche, ma ha le ore contate.