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Brigitte Bardot e l'erotismo amorale che ha spiazzato la sinistra

La "Donna" e l'altro Sessantotto: BB era una gollista fuori dagli schemi
di Annalisa Terranova lunedì 29 dicembre 2025

3' di lettura

Per BB come per Marilyn nessuno o quasi si fa domande sulla loro reale capacità di recitare. Insomma nessuno o quasi si sofferma sul punto: erano o no brave attrici? Il fatto è che le due hanno permeato l’immaginario imponendo se stesse come simboli erotici. E ci si accontenta di ciò, come avvenuto anche per le gemelle Kessler e per le loro gambe sinuose.

È curioso il fatto che sia stata proprio una filosofa femminista come Simone de Beauvoir a incasellare Brigitte Bardot in uno stereotipo «patriarcale»: una ninfa selvatica, una lolita che seduce con tranquillità, «il suo erotismo non è magico ma aggressivo, ella è ugualmente cacciatrice e preda», per il maschio latino quella naturalezza appariva addirittura «perversa», conservava «l’ingenuità» dell’infanzia ma anche il suo «mistero». Pur riconoscendole una potenzialità di emancipazione, una libertà capace di confondere la mentalità dei maschi francesi, Simone de Beauvoir la riduceva di fatto a un prodotto da lanciare attraverso il cinema sul mercato dell’immaginario sessuale. Paradossalmente sarà invece un playboy come Gigi Rizzi a descrivere in una frase la compiutezza della donna Brigitte Bardot nel suo libro Io, BB e l’altro ’68: «Avevo 24 anni e avevo Brigitte Bardot». La perfezione. La giovinezza. L’amore. La donna più bella e desiderata o, meglio, la Donna.

Il Sessantotto per BB fu un anno infausto politicamente parlando. Così lo descriverà con un misto di disprezzo anticonformista: «La Sorbona si era trasformata in un vasto lupanare. Era l’orgia in piazza. Nei viali sventrati le auto bruciavano. In quello sconquasso pornopolitico la Francia perdeva la testa e le tradizioni, latino compreso». Non poteva pensarla diversamente una gollista come BB, nazionalista tanto da rimpiangere la Francia dei campanili «dove l’Angelus che scandiva la mietitura adesso tace». Nutriva una sconfinata ammirazione per De Gaulle: «Era il nostro capo, una figura paterna. Quell’uomo esercitava sul popolo un’autorità rassicurante. Penso di avere amato De Gaulle come ho amato mio nonno».

Ma qual era la destra di BB? Ne ha fornito alcune pennellate Stenio Solinas nel suo libro Supervagamondo: «Qui per destra non si intende una prassi politica o una teoria ideologica, ma uno stato d’animo, un sentimento classico e premoderno in cui gli elementi etico-estetici prevalgono su quelli etico-egualitari, dove l’ideale aristocratico, ovvero la scelta e il privilegio di pochi, prevaleva su quello democratico, la maggioranza come forma e fonte di comportamento». Ma la politica non fu mai così potente nella vita di BB come l’identificazione tra il suo personaggio e l’Eterno femminino. Fu la conseguenza del film E Dio creò la donna del regista Roger Vadim che era diventato anche suo marito nel 1952. «Non inventai BB – scrisse Vadim – Semplicemente l’aiutai a fiorire, a imparare la sua arte pur restando fedele a se stessa. Riuscii a preservarla dall’ossificazione prodotta da regole prefabbricate che nel cinema spesso distruggono i talenti più originali». Lei però era originale di suo come quando rispose così alla domanda di un giornalista che le aveva chiesto chi fosse la persona che ammirava di più. «Isacco Newton perché scoprì che i corpi si attraggono».

Bisogna paragonare questa risposta a quelle delle miss che desiderano la pace nel mondo per misurare la distanza tra un’icona e una bellezza commerciale, tra un archetipo e le sue pallide imitazioni. E bisogna spogliarsi degli intellettualismi – è ancora Solinas che scrive – per arrivare al nocciolo, all’essenza di BB, che è quella di una «divinità pagana». «Nessuna è riuscita a incarnare come lei il senso panico di un erotismo amorale e impudico, naturale e innocente. Si dirà che era un’immagine e non la realtà, può darsi l’una non esclude l’altra e in ogni vitalismo attivo si spalancano abissi di tragedia, albergano solitudini e pensieri neri, trova spazio l’insensatezza del vivere, la sua gratuità, il suo peso a volte insopportabile. La libertà si paga, e a caro prezzo».

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