Lo psichiatra

Paolo Crepet sul fentanyl: "Una metafora terrificante", la strategia dietro la droga

L'orrore del fentanyl a Quarta repubblica, su Rete 4. Nella parte finale del suo talk, Nicola Porro manda in onda un servizio sconvolgente sulla nuova droga che annichilisce i giovani rendendoli in tutto e per tutto degli zombie. Immagini deprimenti e sconsolanti, sempre più frequenti in tante città americane e che tra poco potrebbero essere di casa anche in Europa.

"Il dato record è di 120mila morti l'anno per fentanyl - spiega Federico Rampini, corrispondente del Corriere della Sera -. I cinesi a scuola studiano che il loro Paese fu distrutto dal narcotraffico di Stato (l'oppio, tra Ottocento e Novecento, ndr), oggi loro pensano che è colpa nostra, che siamo una società decadente". 

 

 

 

In studio c'è Paolo Crepet, psichiatra che in queste settimane è spesso intervenuto in tv per illuminare i telespettatori sulla crisi dei giovani. In questo caso non c'entrano né Federico Turetta né il patriarcato, ma resta il tema di un disagio che da individuale si trasforma in collettivo. 

 

 

 

"Il fentanyl dura poco - riflette il professore -, il problema è di scopo perché essere anestetizzati è una metafora terrificante, è l'idea di stare al mondo come un dolore". "Per fermare il fentanyl per me bisogna fare una guerra a tutte le droghe pesanti e leggere - interviene Hoara Borselli -. Tutti abbiamo negli occhi il boschetto di Rogoredo. Dobbiamo mandare l'esercito, dobbiamo fare qualcosa anche perché la droga è un business enorme".

 

 

 

Quindi la domanda a Crepet: "Lei crede davvero nella distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti? E' d'accordo con chi dice 'fatti pure una canna'?". Risposta dello psichiatra: "Il proibizionismo non ha certo smantellato l'alcol, non possiamo andare dietro a una molecola ma dobbiamo capire perché c'è questa richiesta". Una lotta, dunque, che richiederà molto anni.