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Otto e mezzo, Cazzullo gela Santoro: "Non avrei usato quella parola"

di Roberto Tortora giovedì 15 febbraio 2024

2' di lettura

Tiene ancora botta la polemica politica legata al Festival di Sanremo e alla puntata di Domenica In ad esso collegata, quella in cui prima Dargen D’Amico e poi Ghali hanno manifestato il dissenso nei confronti della guerra a Gaza, con il cantante italo-tunisino che ha lanciato lo slogan “stop al genocidio”.

Una presa di posizione che ha costretto l’Amministratore delegato RAI, Roberto Sergio, a diffondere un comunicato, letto da Mara Venier, in cui manifesta piena solidarietà a Israele. Se ne discute a Otto e Mezzo, striscia di approfondimento politico post-telegiornale di La7, condotta da Lilli Gruber, la quale ha aperto il match dialettico così: "L'Ad Roberto Sergio è stato messo sotto scorta per aver ricevuto delle minacce, dopo essersi schierato in sostegno di Israele e della sua politica di guerra a Gaza. Tutto nasce da Ghali, cantautore di origine tunisina, che ha detto ‘stop al genocidio’”.

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Qui il botta e risposta tra Cazzullo e Santoro

In studio, da ospiti, Aldo Cazzullo e Michele Santoro. Quest’ultimo ha subito chiesto: “Perché, che c’era di male in ciò che ha detto Ghali?”. Prontamente, lo contesta Cazzullo: “La parola genocidio io non l’avrei usata”.

A quel punto, Santoro contro-replica con il suo solito fervore: “Anche io non l’avrei usata e non la uso mai, ma in questo momento quella parola significa ‘fermiamo la strage, fermiamo le armi, la morte degli innocenti’. Cosa volete che significhi, ci mettiamo a disquisire sul significato giuridico di quella parola? Probabilmente, se andiamo a leggere i trattati internazionali che regolano il genocidio – spiega il giornalista salernitano - probabilmente siamo nel pieno di un'azione che può essere definita genocidiaria. Perché quando tu prendi un popolo, lo sbatti fuori dalle sue case, lo costringi in un'area sempre più piccola, tra poco li metti a dormire a milioni su una spiaggia di pochi chilometri quadrati, ma scusate ci dobbiamo mettere a disquisire se lo dobbiamo chiamare strage, pulizia etnica, come lo vogliamo chiamare? Sicuramente anche la Corte internazionale di giustizia dell’Aia, di cui i nostri telegiornali non hanno parlato, non è che ha detto che non sta succedendo niente, ha detto ‘basta, vi dovete fermare’”.

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