Come volevasi dimostrare: la missione della Global Sumud Flotilla fallisce giusto in tempo per imbastire un bel processo mediatico, sommario e pure politico a Giorgia Meloni. E il dubbio, diceva l'illustre, sorge spontaneo: non è che alla fine la compagine italiana che ha deciso di partecipare alla missione pro-Pal verso Gaza, con tanto di quattro parlamentari del centrosinistra imbarcati, lo abbia fatto per poi usare lo scontro con Israele (altamente preventivato) come una clava da usare contro il governo? Prendiamo Otto e mezzo, su La7.
L’abbordaggio delle imbarcazioni è ancora in corso ma in studio Lilli Gruber e i suoi ospiti sono già partiti in quarta. «Colpisce il silenzio del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in una situazione così allarmata e allarmante come quella di queste ore forse una parola di Meloni sarebbe importante». La premier nella giornata di mercoledì ha più volte etichettato come «irresponsabile» la missione della Flotilla, evidentemente non erano le parole che si attendeva la giornalista. L’avvocato Cathy La Torre, che è parte in causa essendo legale degli attivisti in mare, azzarda un paragone piuttosto impegnativo: «Ci dovevano essere i governi lì e perché adesso questi non fanno altro che stigmatizzare l’opera di giovani, anziani, persone di 70 anni, persone della società civile che hanno detto basta. È come se avessero detto a Rosa Parks di andarsi a sedere all'ultima fila, a Gandhi o Martin Luther King di fermarsi, di non fare le manifestazioni di Selma. Un giorno diremo grazie a queste persone che si sono ribellate». Insomma, insinuare il dubbio che l’azione anti-israeliana potesse avere dei risvolti pericolosi per i partecipanti e a livello diplomatico equivarrebbe ad avere posizioni razziste o giù di lì.
Chiude la giuria la politologa Nadia Urbinati, in collegamento da New York. Definisce Meloni “faziosa” e aggiunge: «Conoscendola ha sempre qualche parola di troppo quando parla in veste ufficiale. Comincia in maniera blanda, parlando di responsabilità, poi è come se scattasse il pilota automatico e accusa queste persone di essere responsabili di un possibile caso diplomatico e che a loro non interessa il destino del popolo palestinese». Il rischio, conclude, è polarizzare il dibattito. Non sia mai, a quello ci pensa già chi divide l'umanità tra buoni e dittatori fascisti. Nel frattempo, è già stato emesso il verdetto: condanna senza appello per aver sollevato una obiezione.