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La crisi del mister made in Italycosta la bellezza di 650 milioni

Di Matteo saltato, Spalletti e Mancini fuori dalla Champions: solo Ancelotti "galleggia" nel flop dei club più spendaccioni del Vecchio Continente
di Andrea Tempestini domenica 25 novembre 2012

Roberto Mancini

3' di lettura

  di Domenico Secondi Sarà forse solo finzione cinematografica, ma - come nel film di Totò  “Miseria e nobiltà” - gli italiani più sereni e simpatici sono sempre quelli con meno soldi in tasca.  Accade così anche sui campi da calcio europei, dove la Juventus senza-top-player di Conte e il Milan low cost di Allegri viaggiano sicure, a differenza delle corazzate milionarie dei nostri connazionali all'estero.  Di Matteo, Mancini, Spalletti e Ancelotti stanno infatti soccombendo sotto il peso degli investimenti milionari dei loro patron. Gli ambasciatori dello stile italiano sembrano aver perso il tocco magico. Il metodo Coverciano non funziona più? Forse no, se è vero che il Chelsea è diventato campione d’Europa con il più italico dei catenacci. E allora bisogna cercare la ragione di questa crisi in altri fattori. Fa specie, ad esempio, osservare la sorte di Roberto Di Matteo, esonerato a sei mesi dal trionfo continentale dopo il ko con la Juve. Il terzo posto in Premier e nel girone di Champions (con qualche speranza di qualificazione)  non sono bastati a RDM per conservare il posto. Incredibile  il paragone con la fiducia incondizionata del Milan in Allegri in una situazione molto peggiore.  Rafa già criticatoUna chiave di lettura la dà il “Sun” svelando nell’esclusione di Torres la vera causa dell’avvicendamento con Rafa Benitez, una scelta criticatissima dai tifosi Blues per i suoi trascorsi con il Liverpool (e il mezzo fallimento con l’Inter non depone a favore dello spagnolo). «Se perdi senza Fernando, considerati cacciato», sarebbe stata la minaccia dei Blues all'italiano. E così è stato. Un bomber da 50 milioni deve stare in campo anche se da quando è a Londra non ha quasi mai visto la porta. Così come i gioiellini Oscar e Hazard - pezzi pregiati di una campagna estiva da 90 milioni - devono poter sfogare il loro talento in avanti. Di Matteo è stato obbligato da Abramovich a rinunciare al difensivismo per lo spettacolo. E ne ha pagato le conseguenze. Mentre la crisi economica da noi accresce la pazienza dei patron, all’estero chi può permettersi grandi acquisti impone obblighi enormi. Come è capitato a Luciano Spalletti. Lo Zenit è andato a fondo dopo gli ingaggi a sorpresa di Hulk e Witsel (95 milioni): l’ex allenatore della Roma non li aveva chiesti, ma se li è ritrovati in spogliatoio. I senatori si sono ribellati, la società ha fatto la voce grossa con i big (Denisov e Kherzakov) e il progetto del tecnico toscano è naufragato. Fuori dalla Champions e terzo in campionato, Spalletti sta pianificando il ritorno in Italia a fine anno. E chissà che non possa ritrovare la serenità nel “povero” Milan. Se la giocherà con Pep Guardiola, spauracchio (con Josè Mourinho) delle notti di Roberto Mancini. budget illimitatoTre trofei sono molti per la storia del City, ma pochissimi a fronte di 250 milioni di regali. Il tecnico di Jesi ha avuto un budget illimitato: sono arrivati troppi campioni in fotocopia e pochi gregari sopravvalutati. E nonostante un’altra campagna acquisti sontuosa - Maicon, Sinclair, Javi Garcia, Nastasic e Wright -  i Citizens sono fuori per la seconda volta consecutiva dai gironi di Champions. «Non si vince la Coppa in due anni», aveva anticipato il mister italiano. Lo stesso tecnico, però, a suo tempo aveva giustificato i suoi fallimenti europei con l’Inter definendo quella squadra «una 500». Non è andata meglio con la “Ferrari” degli sceicchi.  L’“italian job” più saldo resta al momento quello di Carlo Ancelotti. Unico azzurro sicuro già qualificato in Europa, l’ex tecnico del Milan può contare sull'assicurazione Ibrahimovic per conquistare il campionato. Al momento, però, il Psg è solo al terzo posto di una Ligue 1 che avrebbe dovuto dominare. Dopo la beffa dello scorso anno, un altro fallimento interno sarebbe inaccettabile per i patron qatarioti che hanno investino 164 milioni dall’arrivo di Carletto a inizio anno. Ai nostri compatrioti in difficoltà non si può che consigliare la visione di un'altra pellicola,  un capolavoro di Dino Risi: “Poveri ma belli”.  

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