Dopo l'orrore a Minneapolis, l'assassinio di George Floyd, Lewis Hamilton per la seconda volta torna a parlare di razzismo e discriminazioni. Ma in questo caso non parla di quanto accaduto negli States, ma di se stesso, dei suoi ricordi: "Ho letto ogni giorno di tutto per cercare di tenermi informato il più possibile su ciò che sta succedendo in questa nostra lotta contro il razzismo e questo ha riportato alla memoria tanti dolorosi ricordi della mia infanzia - ha scritto il pilota di Formula 1 in un post su Instagram -. Memorie intense delle sfide che ho affrontato quando ero bambino, come quelle che sicuramente hanno affrontato molti di voi. Ho sempre parlato poco delle mie esperienze personali. Ho cercato di tenerle dentro, di non mostrare debolezza, di distruggerle con l'amore e di batterle in pista, ma da piccolo, lontano dai circuiti, sono stato bullizzato e picchiato per il colore della mia pelle".
Dunque, il campione del mondo della Mercedes ha parlato di come ha affrontato le violenze e le angherie subite: "Gli effetti negativi non si possono calcolare. Ecco perché guido come faccio io. È molto più profondo che fare sport, io sto ancora combattendo - sottolinea il britannico -. Grazie a Dio avevo mio padre, una forte figura nera a cui potevo sempre guardare, che sapevo capiva e sarebbe stato al mio fianco, qualunque cosa fosse accaduta. Non tutti ce l'abbiamo però, ma dobbiamo rimanere vicini a chi non ha un eroe a cui appoggiarsi e sentirsi protetto. Mi sono chiesto perché il 2020 è un anno così, ma penso che possa essere un anno importante della nostra vita, per iniziare finalmente a cambiare l'oppressione sistematica delle minoranze. Vogliamo solo vivere, avere le stesse possibilità nella vita, di camminare per strada, andare a scuola o entrare in un negozio senza temere nulla. Ce lo meritiamo come tutti. L'uguaglianza è fondamentale per il nostro futuro, non dobbiamo smettere di combattere, io non smetterò mai, non mi arrendo", ha concluso Lewis Hamilton.