Strategie

Chukwueze al Milan? Magia fiscale dei rossoneri: cosa sta succedendo

Renato Bazzini

Il Milan degli americani ha capito più di tutti come sfruttare una legge italiana. Con Chukwueze, ultimo arrivo internazionale dopo Loftus-Cheek, Reijnders, Pulisic e Okafor, salgono a 19 i giocatori rossoneri che usufruiscono dello sconto fiscale offerto dal Decreto Crescita. Ne usciranno quattro, tra cui Origi, e ne entrerà con ogni probabilità ancora uno (Musah del Valencia), per un conteggio finale che potrebbe essere di 16 calciatori “agevolati”. Lo scorso anno furono 14 per un risparmio totale di 21 milioni, che dovrebbe salire tra i 23 e i 25 milioni secchi: mica spiccioli.

 

 

 

Il Milan compra all’estero perché conviene. Ha messo in secondo piano l’italianità dopo l’addio di Maldini e Massara, come dimostrano le cessioni di Tonali e Gabbia, perché pensa che la costruzione di un nucleo azzurro sia troppo onerosa e impossibile in un periodo breve, quale si è posto Cardinale. In più gli americani credono che la vocazione internazionale sia più rivendibile rispetto ad una forte radice territoriale, che ai loro occhi trasformerebbe il club in una realtà troppo locale. Così, in attesa di risalutare Caldara e entrati Sportiello e Colombo, gli italiani agli ordini di Pioli saranno sei, di cui due portieri di riserva e solo Calabria titolare, ma non è un male assoluto, anzi. Se l’obiettivo di un club è avere la squadra più forte possibile al giusto prezzo, il Milan lo sta raggiungendo alla grande. L’esterofilia è spiccata nel Milan anche perché tra le grandi è quella che più di tutte ha cercato di acquistare i cartellini a titolo definitivo, evitando prestiti o formule creative.

 

 

 

Aveva i 70 milioni incassati da Tonali quindi ha speso qui e ora senza farsi troppi problemi. I nuovi arrivati sono costati tra i 14 e i 28 milioni, mai di meno o di più, ed è una buona fascia di prezzo considerando le cifre folli che girano in Italia per giocatori con meno esperienza internazionale. È lecito da parte del Sassuolo, ad esempio, chiedere cifre alte per i talenti italiani vista la grande domanda e la carente offerta, ma poi non si lamentino ai piani alti del palazzo pallonaro se le grandi della serie A comprano all’estero. Questa tendenza prescinde dal Decreto Crescita. Quest’ultimo l’ha accentuata.

 

 

 

Questa legge ha un chiaro effetto positivo per le società italiane che è quello di essere competitive sul mercato internazionale sul piano degli ingaggi. Possono offrire stipendi in linea con quelli di altre leghe o quantomeno vicini a quelli della Premier pur fatturando meno e dovendo di conseguenza ridurre gli ingaggi. Ma, di contro, rende meno attrattivo il mercato interno, quello su cui una lega come la serie A teoricamente dovrebbe puntare per migliorare in se stessa. Idea: perché non invertire la direzione del Decreto Crescita? Nell’attesa non va fischiato il Milan per aver svelato i difetti della normativa ma applaudito per averla sfruttata al massimo.