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Carlo Ancelotti e Pep Guardiola, il filo che unisce le due (impensabili) crisi nere

di Claudio Savelli venerdì 29 novembre 2024

3' di lettura

Anche gli Dei del calcio possono cadere. E quando accade, lo fanno molto rumorosamente. Carlo Ancelotti e Pep Guardiola sono in crisi nera, ma in comune hanno soltanto i cattivi risultati: i motivi sono completamente diversi. Ancelotti è vittima del peccato di gola di Florentino Perez, che ha voluto a tutti i costi Kylian Mbappé anche se non ne aveva alcun bisogno. E adesso a pagarne le conseguenze potrebbe essere proprio Ancelotti: non è escluso che subisca l’onta dell’esonero. Non se lo meriterebbe, perché l’allenatore non ha nulla a che vedere con il caos del Real Madrid: se non ci è riuscito lui, che è un maestro dell’equilibrio, a dare un senso a questa squadra, non ci può riuscire nessuno.

Il Real che soltanto qualche mese fa ha vinto l’ennesima Champions era una squadra solida e compatta tanto dentro al campo quanto nello spogliatoio. Tante personalità forti riuscivano a convivere al meglio grazie alla gestione di Ancelotti, ma Mbappé ha mandato tutto in fumo con la sua sola presenza: innanzitutto ha creato un problema di leadership, dopodiché le sue prestazioni in campo sono state scadenti. Al di là del rigore sbagliato nell’ultima partita di Champions contro il Liverpool, il francese è ormai da tempo la controfigura di quello che veniva considerato il giocatore più forte del mondo. Questo Mbappé è un giocatore normalissimo, non corre più come prima e non crea superiorità saltando l’uomo. Pure a livello realizzativo ha avuto una netta flessione: sono tutti d’accordo nel ritenerlo il problema principale nella crisi del Real. Con il senno di poi è facile dire che Ancelotti avrebbe fatto meglio ad andare via da vincente, lasciando i casini del Real a qualcun altro...

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La crisi del Manchester City è invece completamente diversa, questa sì ascrivibile anche all’allenatore. Nonostante Guardiola sia fresco di rinnovo per altri due anni, dopo quasi un decennio la sensazione è che il ciclo del City sia bello che finito. L’infortunio di Rodri, al quale si sono aggiunti quelli di Kovacic e Ruben Dias, ha soltanto accelerato il processo di decomposizione. Il centrocampista spagnolo era il pilastro della squadra, l’uomo che dava equilibrio in campo e guidava i compagni nello spogliatoio. Con lui il campo il City è stato quasi imbattibile per anni, quindi il suo grave infortunio è stato una mazzata tremenda.

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E però sarebbe stato lecito aspettarsi un altro tipo di reazione da parte dei campionissimi del City, che invece sono sprofondati in una spirale negativa: non vincono da sei partite e ne hanno perse cinque di fila, prima del pareggio con il Feyenoord. Un 3-3 che in realtà sapeva tanto di sconfitta, perché il City era avanti 3-0 ed è completamente scoppiato negli ultimi minuti. Guardiola si è persino sfregiato in volto dalla frustrazione: un’immagine che restituisce la pesantezza del momento vissuto in quel di Manchester, dove Guardiola e i suoi ragazzi non hanno finora trovato il modo di reagire.

D’altronde nessun ciclo calcistico può vivere in eterno: Pep forse è stato un po’ frettoloso nel rinnovare il contratto a Manchester, avrebbe potuto attendere e cercare nuovi stimoli altrove...

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