Un uomo solo al comando e il suo nome è Jannik Sinner. La maglia è bianca, il palco è il Centre Court di Wimbledon. Ci scuseranno i cultori del ciclismo, ma quella frase leggendaria che accompagnava Fausto Coppi nel 1949 si adatta perfettamente a quanto accaduto nella seconda semifinale di questa edizione dei Championships: perché il numero uno del mondo ha travolto Novak Djokovic con un 6-3, 6-3, 6-4 in meno di due ore, dando l’impressione di essere semplicemente inarrivabile.
Dominante, chirurgico, senza sbavature. Come se il vecchio re fosse rimasto un passo indietro, costretto ad assistere all’incoronazione del nuovo che avanza. Djokovic aveva un piano: far muovere Sinner, sfiancarlo, portarlo fuori zona di comfort su una superficie che non ammette esitazioni, ma il piano si è infranto contro la realtà: Jannik si muove con sempre più naturalezza sull’erba, dote affinata dalla precoce esperienza sugli sci e da un talento sempre più maturo. Nel terzo game arrivano tre errori consecutivi del serbo: due di dritto, uno di rovescio. È break Sinner, è già svolta mentale. Da lì in avanti sarà una cavalcata: primo set chiuso 6-3 con un impressionante 100% di punti vinti con la prima di servizio. Per Djokovic non c’è risposta: la palla dell’altoatesino è troppo veloce, il tempo per reagire inesistente.
MUSICA
Sulle tribune si leva qualche «Idemo Nole», tra un tappo di champagne che salta e un applauso educato, ma in campo la musica non cambia. Sinner scappa subito sul 2-0 nel secondo set, tiene il servizio senza concedere nemmeno un punto, mentre il miglior ribattitore della storia non riesce neppure a graffiare. Novak prova ad aggrapparsi al serve and volley, ma è un tentativo nostalgico più che efficace. Sul servizio di Sinner non si gioca. Dopo un’ora arriva il set point per il 2-0: Djokovic lo annulla con due ace, ma nove minuti dopo Jannik chiude comunque. Sulla prima di Sinner, alla fine, 81% di punti vinti. Nel terzo set, Novak sembra sfaldarsi. Dopo appena un quarto d’ora Sinner ha già palla per il 4-0; ma proprio lì, quando sembra tutto pronto per l’ultimo inchino, ecco la reazione del campione. Djokovic prova a rialzarsi, approfitta di un piccolo calo dell’italiano, riesce a recuperare. Ma è un fuoco fatuo. Jannik non trema, ricompone il disordine, ritrova il passo e inchioda il punteggio sul 6-4. Solo al quarto match point, dopo 1h54 di match, può alzare le braccia al cielo: Djokovic non sarà in finale a Wimbledon per la prima volta dal 2017.
Sinner esce dal campo da protagonista assoluto. «Non ci posso credere, è il torneo che guardavo da piccolo in tv È incredibile essere in finale qui», racconta con voce emozionata. «Sono felice che ci fossero mio papà e mio fratello. Ho servito bene, mi sono mosso bene, nel terzo set Novak era infortunato ma sono stato bravo a restare concentrato. Tre anni fa non riuscivo a muovermi bene sull’erba, ora sono in finale: significa tanto per me».
E sulla rivincita con Alcaraz? «Dopo l’ultima finale... non so (ride, ndr). Spero che sia un bel match. Cercheremo di dare tutto». Sì, perché dall’altra parte ci sarà proprio lui: Carlos Alcaraz. Lo spagnolo ha piegato in quattro set Taylor Fritz (6-4 5-7 6-3 7-6), centrando la terza finale consecutiva e la sesta finale Slam della carriera. Partita matura, concreta, servita con 13 ace e l’88% di punti vinti con la prima. Fritz ha lottato con coraggio, ha vinto il secondo set e ha avuto due set point per portare la sfida al quinto, ma alla fine ha dovuto inchinarsi. Carlos continua la sua striscia: 24 vittorie consecutive sul circuito, 20 sull’erba di Wimbledon. Ora il mondo aspetta un nuovo capitolo: Sinner contro Alcaraz. Ancora loro, dopo il Roland Garros, Wimbledon. Ancora una volta per la storia.