Il manicotto bianco oramai per Jannik Sinner è una sicurezza. Anche a Cincinnati il numero uno del mondo ci è sceso in campo. Non una scelta estetica, ma una precisa esigenza di comfort e prestazione. “Mi fa sentire meglio”, ha spiegato, precisando che la versione chiara non lo infastidisce col caldo, a differenza di quella nera. Quello che per molti sembra una semplice moda — già imitata da altri tennisti come Lorenzo Musetti e Benjamin Bonzi — ha invece solide basi tecniche. Matteo Tinelli, sport therapist, ha lavorato con nomi di spicco del circuito, spiegando al Corriere della Sera che il manicotto agisce come una seconda pelle, attenuando le vibrazioni prodotte dal contatto racchetta-palla.
Così facendo “si riduce lo stress su muscoli e tendini, prevenendo microtraumi e infiammazioni”. Il beneficio è duplice: "Meno energia dispersa in vibrazioni inutili significa movimenti più fluidi e colpi più efficaci”, aggiunge. A Wimbledon, Sinner lo ha combinato con un tape per stabilizzare il gomito, ottenendo una protezione completa e un’ottimale gestione dello stress meccanico. Oltre alla prevenzione, c’è anche un effetto sul recupero: il manicotto favorisce il drenaggio linfatico, riduce gonfiore e rigidità dopo sforzi intensi, accelerando il ritorno in campo.
Non a caso, campioni come Novak Djokovic e Carlos Alcaraz lo hanno usato in fasi delicate del loro rientro da infortuni. Per Sinner, ogni scelta è frutto di una logica precisa: nel tennis di vertice, anche un piccolo supporto può trasformarsi in un vantaggio decisivo. E il manicotto, da semplice accessorio, diventa così un alleato invisibile nella costruzione delle sue vittorie.