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Marcello Lippi, "sulla tomba a chiedere scusa a suo papà"

di Lorenzo Pastugliamercoledì 29 ottobre 2025
Marcello Lippi, "sulla tomba a chiedere scusa a suo papà"

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“Come sta papà? Tutto bene?”. Così cominciava il mio primo calciomercato, ricorda Davide Lippi in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. “Per i d.s. ero il figlio di Lippi, non Davide l’agente. Non voglio dire che il mio nome non abbia aperto qualche porta, ma dopo nessuno mi ha regalato nulla: ho fatto tutto da me”. Oggi Davide gestisce Reset Group insieme all’amico Carlo Diana, occupandosi di trasferimenti e valorizzazione dell’immagine dei calciatori e, da qualche anno, anche di atleti di altri sport.

Il percorso di Davide è iniziato con una scelta difficile suggerita dal padre: “Sto per andare in C1, fine stagione, maggio. Papà mi chiama a Viareggio: ‘C’è un’opportunità unica alla Juve, ma non potrai più giocare’. Ci resto male, arrabbiato, ci penso per una settimana. Poi decido di sì, anche se non parlo con lui per mesi. Papà aveva ragione: non so dove sarei arrivato come calciatore”.

Marcello Lippi non è stato sempre fisicamente presente, ma i valori che ha trasmesso al figlio sono chiari: “Non ci ha fatto mancare niente — raccomanda Davide — Capisco perché s’è dedicato con tutto se stesso al lavoro di allenatore: la coperta è corta da un lato, ma non era assente. C’era mia madre a fare da supporto, a trasmettere amore e attenzione. Ci ha insegnato cosa significhi rispetto, sacrificio e dedizione”.

Davide ricorda anche episodi emblematici del padre, come la superstizione e la lealtà: “Quando accettò la Juve, andò sulla tomba del nonno, socialista toscano anti-Agnelli, a chiedere scusa. Per me è la dimostrazione del rispetto per la famiglia e dei valori che ci ha trasmesso”. E aggiunge: “Mai interferito nel mio lavoro. Anzi, quando iniziai come agente, mi disse: ‘Davide, non prenderò mai un tuo giocatore’. La parola è stata mantenuta, tranne una volta a Guangzhou con Elkeson, che per il club fu una plusvalenza di 17 milioni”.

Il rapporto tra padre e figlio è un intreccio di fiducia, scelte difficili e rispetto reciproco. “Mio padre ha sempre scelto me prima del lavoro — conclude Lippi — Anche quando ha lasciato la Nazionale dopo il Mondiale per proteggermi, o quando gli chiesero di diventare dt nel 2016. Il mio idolo è lui, anche più di Pelè, e sono orgoglioso di tutto quello che ho costruito partendo dal suo esempio, ma con le mie forze”.