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Il re del tennis che ha tolto le troppe certezze di Carlos

Lo spagnolo è sempre numero uno, ma l’azzurro è più forte di prima e ha tre mesi per ribaltare la classifica nel 2026
di Leonardo Iannacci lunedì 17 novembre 2025

3' di lettura

E così va in archivio un’altra puntata della più entusiasmante serie tennistica che nulla ha da invidiare a quelle intriganti che scorrono sulle nostre tv. In un certo senso è anch’essa una suspence-story dove, al posto del colpevole, si deve capire chi è il più bravo fra due campionissimi a risolvere l’enigma di una grande finale di tennis che si fa spesso arte e disegna nell’iperspazio l’ennesima sinossi di una rivalità entusiasmante. Quella fra i due attori protagonisti che ammiriamo da un paio di anni: grazie a mamma Siglinde e papà Hanspeter, uno di essi è italiano, porta il nome di Jannik Sinner e ha ancora una volta dimostrato che il numero 2 che gli ha conteggiato il ranking Atp non è veritiero, ma solo un curioso gioco del computer.

La Volpe Rossa ha rivinto le Finals e lo ha fatto a modo suo, imponendo la propria forza e un talento fuori dal comune, rivelandosi ancora una volta un misto di tennis celestiale e di cuore, di classe e di cinica tattica. Sinner chiude l’anno da vincitore ma quello che si è (ri)visto sul veloce dell’Inalpi Arena di Torino è una conferma della dittatura imposta su un Alcaraz ieri ammirevole spalla. Poi, una volta vince il magnifico ragazzo di Sesto Pusteria, un’altra lo spagnolo. E pazienza.

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Qualche dato pratico: dei quattro Slam 2025, Sinner ne ha vinti due (Australian Open e Wimbledon) e due Alcaraz (Roland Garros e US Open). Ma il torneo dei campioni è stato di nuovo del ragazzo di Sesto Pusteria. Il numero di tornei conquistati dai due in carriera ne sottolinea la duplice magnificenza (24 a testa), così come i prize money ottenuto (56 milioni e rotti di euro Sinner, 55 Alcaraz). Quindi si parla di eccellenza assoluta. Interessante prendere tecnicamente spunto da quello che dice Adriano Panatta: «Se Alcaraz è molto vario e vuol comandare sempre il gioco, Sinner è più solido, continuo». Vero, difatti ieri ho domato il torello spagnolo, ferito a una coscia, come avesse una muleta in mano invece dell’amata Head. Così uguali e così diversi sin dal loro primo incontro, ad Alicante, nel lontanissimo 2019 allorché lo spagnolo aveva 15 anni e la Volpe Rossa 17, e vinse Alcaraz (6-2, 3-6, 6-3) dando vita a una rivalità che è giù leggenda, l’impressione è che i due siano a un punto cruciale del loro tennis: Darren Cahill continua a ripetere: «Jannik darà il meglio di sè fra i 28 e i 32 anni».

Fatto è che sta migliorando in alcuni colpi fondamentali, il servizio ad esempio, mentre Carlitos, affinato il rovescio sino a qualche tempo ballerino, dà l’idea di dover correggere la testa, evitando pause che lo portano a perdere incontri come è successo ieri. Altra certezza: la distanza fra questi due fenomeni e il resto del tennis odierno è una voragine: nel 2025 Carlitos e Jannik hanno dominato, lasciando le briciole e non facendo intravvedere alcuna possibilità per un terzo uomo, come successe quando Nole Djokovic si intrufoló nel dualismo Federer-Nadal sino a superarli in fatto di Slam: 24 per il serbo, 23 Nadal e 20 Roger.

Non ci sono rivali degni di Sinner e Alcaraz, oggi: non lo è più lo stesso Djokovic, Musetti ha dimostrato di dover migliorare e non di poco, il brasiliano Fonseca è ancora troppo acerbo e Rune si è perso per strada. Pazienza, anzi meglio: per molto tempo ancora ci godremo questi due magnifici campioni, ne ammiraremo la classe e il tennis iperspaziale, tifando per Sinner ma ammirando lo spagnolo. Perché la musica diventa eccelsa se sono due grandi artisti a suonarla provando a superarsi. Ieri è toccato a Jannik ma domani sarà un’altro entusiasmante giorno.

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