Due ore di altissima tensione al carcere Marassi di Genova, dove ieri, attorno alle 14, è esplosa una rivolta che ha coinvolto circa un centinaio di detenuti usciti dalle loro celle. A scatenare la sommossa, guidata da una decina di stranieri tra i reclusi più violenti, sarebbe stata la denuncia di sevizie sessuali subìte da un giovane italiano carcerato il giorno precedente, per mano di altri detenuti nordafricani compagni di cella.
Una violenza tra uomini, tanto brutale da dover richiedere l’intervento dei sanitari dell’ospedale genovese, dove la vittima da martedì è ricoverata per accertamenti. Un episodio grave che avrebbe dunque innescato un regolamento di conti fra stranieri. Una reazione a catena, degenerata rapidamente in caos con l’occupazione e vandalizzazione della seconda sezione del penitenziario, che si trova al piano terra.
Altri di loro sono usciti dalle celle e hanno raggiunto le barriere che precedono il muro di cinta; altri ancora, si sono arrampicati sui tetti della struttura, urlando accuse e chiedendo attenzione su quanto avvenuto. La protesta è esplosa in uno dei reparti più affollati del penitenziario, dove sarebbero stati presenti solo due agenti nel momento in cui la situazione è precipitata.
Immediato l’intervento delle forze dell’ordine: sul posto sono accorsi numerosi agenti della polizia penitenziaria, pattuglie della polizia di Stato, carabinieri, polizia locale e diversi mezzi del 118. Le strade intorno all’istituto sono state chiuse. La presenza delle forze dell’ordine è stata dunque massiccia, per gestire la situazione e garantire la sicurezza sia dei detenuti che del personale penitenziario.
Il bilancio è di due agenti di polizia penitenziaria rimasti contusi in modo non grave agli arti e trasportati all’ospedale Galliera in codice verde. Non vi sarebbero stati, visto il caos, tentativi di evasione. «Noi insegnanti eravamo dentro e ci hanno chiuso in un’aula per proteggerci. Non ho mai vissuto nulla di simile», ha raccontato Simonetta Colello, insegnante da 18 anni all’interno dell’istituto penitenziario genovese. «I detenuti erano tantissimi e c’erano solo due agenti - lamenta Colello -. Non c’era modo di comunicare con l’esterno. Abbiamo visto vetri rotti, lanci di oggetti, scene di vera violenza».
Poco prima delle 16, quando la rivolta era ormai sedata, al piano terra della seconda sezione del carcere, che comprende anche aule scolastiche, lo scenario lasciato era quello della totale devastazione. Anche le celle sono state distrutte. Secondo le prime stime dei sindacati di polizia penitenziaria, vi sarebbero oltre 100mila euro di danno.
«Non ci sono state evasioni né atti ostili contro il personale di polizia penitenziaria ma un violento regolamento di conti tra detenuti», spiega il vicesegretario regionale del sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) Francesco Migliorelli. «La preziosa opera di mediazione e negoziazione della polizia penitenziaria, che ha riportato alla ragione i detenuti più violenti, ha impedito che la situazione degenerasse ulteriormente». Il carcere di Marassi, inaugurato nel 1898, è noto per le sue condizioni di sovraffollamento. Oggi vi sono 700 carcerati, per una capienza massima di 530.
«Tutto questo – commenta Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa - è il segno tangibile dello stato di degrado delle carceri, che non può essere affrontato con interventi meramente repressivi». E mentre Vincenzo Tristaino, segretario regionale del Sappe torna alla proposta di riaprire il carcere di Savona per trasferire parte dei detenuti del Marassi, Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato polizia penitenziaria (Spp), torna sui casi di abusi in cella: «I casi di violenza sessuale negli istituti sono numerosi e non vengono denunciati perché in gran parte subiti da detenuti più deboli che hanno paura e si vergognano di denunciare». Il segretario generale Sappe, Donato Capece, ha rinnovato alcune richieste come il potenziamento degli organici della polizia penitenziaria dei reparti regionali come i flash ball e i bola wrap: il primo è un fucile che spara proiettili di gomma, mentre la seconda è un’arma di difesa che spara lacci bloccante le gambe dei rivoltosi.