Un velo integrale nero ad avvolgerla mentre guidava. Solo una fessura per gli occhi. Kabul? No, Vighizzolo, frazione di Cantù, Brianza comasca. «Ciascuno ha diritto di vestirsi come crede. Ma questa è una questione di sicurezza. Come può avere una visuale corretta? Come può vedere gli specchietti laterali o controllare l’angolo cieco? Possibile che sia legale?», si è chiesto un cittadino sui social.
Apriti cielo. A saltare sulla sedia è la Lega. Matteo Mauri e Paolo Muttoni, rispettivamente coordinatori della Lega Giovani Lombardia e della Lega Giovani Cumasch, attaccano: «È solo l’ultima dimostrazione di come il politicamente corretto stia anestetizzando ogni istinto di autodifesa del nostro Paese. Siamo davanti a un paradosso assurdo: si tollera che qualcuno circoli col volto occultato in nome di presunti diritti religiosi.
E se sotto quel velo ci fosse un ricercato? Un estremista? Nessuno può dirlo. Ma guai a porre la domanda: si rischia di essere tacciati di razzismo». La donna sarebbe punibile sia per violazione del Codice della Strada (visuale ridotta) che della “Legge Reale” del ’75 (il volto coperto interferisce con il riconoscimento da parte delle forze dell’ordine). «Regione Lombardia ha già fatto la sua parte vietando indumenti che rendano difficile il riconoscimento del volto in alcuni uffici pubblici. Ora serve anche un intervento nazionale. Non si tratta solo di sicurezza: si tratta di civiltà. Basta alle donne fantasma che circolano come se fossimo a Kabul».