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Al festival Glastonbury il mantra per la pace (e la polemica Kneecap)

di TMNews giovedì 26 giugno 2025
1' di lettura

Glastonbury, 26 giu. (askanews) - I partecipanti del festival di Glastonbury, in Inghilterra, cantano un "mantra per la pace" assieme ad attivisti palestinesi, israeliani e ucraini. Quest'anno, il celebre festival musicale è alimentato dalla polemica che circonda i Kneecap, un trio di artisti rap di Belfast che si esibirà sabato. Uno dei membri del gruppo, Mo Chara, sta affrontando un'azione legale perché avrebbe esposto una bandiera di Hezbollah, il movimento islamista classificato come organizzazione terroristica nel Regno Unito, durante un concerto.

"Non conosco la loro musica", afferma ad Afp la trentacinquenne Natasha Davies, "ma sarò lì per solidarietà". I Kneecap sostengono che le accuse contro di loro distolgono l'attenzione dalla situazione a Gaza. La BBC, che trasmette il festival, non ha confermato se la loro esibizione verrà trasmessa in diretta, scrive Afp.

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Carlo Agostini è un dipendente del Teatro La Fenice ma vive a Padova: "Un evento come altri che attira persone che spendono, poi bisogna vedere come la città reimpiega queste entrate".

Chiara Trabuio, studente universitaria che risiede a Mestre: "Va bene perché porta soldi ma va contro la natura e la cultura della città".

Ma per Samuel Silvestri, negoziante, bisogna guardare il lato positivo: "L'over turismo deriva dai turisti mangia e fuggi, che vengono per un giorno, con lo zaino sulle spalle e portandosi dietro il pranzo e contribuiscono molto poco. Questo è il turismo che andrebbe limitato non quello che trasforma Venezia in una piccola Montecarlo. L'immagine è anche influenzata da queste cose".

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Scienziati Usa in arrivo a Marsiglia: fuga dall'America di Trump

Marsiglia, 26 giu. (askanews) - L'università di Aix-Marsiglia, che in marzo aveva lanciato un appello ai ricercatori americani offrendo asilo alla loro libertà accademica, ha accolto i primi scienziati in fuga dall'America di Donald Trump.

Sono una decina, fra gli altri Brian Sandberg, uno storico originario dell'Illinois che ha deciso di trasferirsi dopo una conferenza in Francia. "Le istituzioni federali che gestiscono e finanziano la ricerca vengono smantellate. L'80% del personale del ministero dell'Istruzione da quanto ho capito è stato licenziato. Come anche l'80% del personale del National Endowment for Humanities, la più importante organizzazione per la ricerca della storia delle scienze umane. In primavera stavo scrivendo una richiesta di fondi con alcuni dipendenti del ministero che adesso non ci sono più", ha detto.

Altri accademici se ne sono andati in Canada, molti altri ancora sono in bilico, anche se avrebbero un posto fisso, perché l'amministrazione Trump ha varato una vera guerra finanziaria agli atenei troppo indipendenti, primo fra tutto la prestigiosa Harvard, che pretendono di gestire la libertà d'opinione dei loro studenti e mantenere i programmi per la diversità.

Il programma di Marsiglia si chiama "Safe place for Science", un posto sicuro per la scienza. "Quello che succede negli Stati Uniti colpisce tutto il mondo e anche la ricerca francese" dice il rettore Eric Berton. "Tutto è complementare; accogliere, salvare i nostri colleghi americani significa accogliere la ricerca del pianeta".

Berton li chiama "rifugiati della scienza", ma a James, ricercatore in climatologia, il termine non piace e spera di poter tornare indietro. Però osserva: "Il clima in America è molto scoraggiante, per la scienza e in molti ambiti di ricerca, perché ci sono interi settori, e parole, che non sono più accettati. La politica impatta sulla ricerca e rende difficile essere uno scienziato".

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