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Parmigiano di montagna: quando il formaggio salva l'Appennino

di TMNews mercoledì 16 luglio 2025
2' di lettura

Reggio Emilia, 16 lug. (askanews) - Ottantaquattro caseifici arroccati sull'Appennino emiliano sfidano ogni giorno la legge di gravità. Non solo quella fisica dei pendii scoscesi, ma soprattutto quella economica che spinge verso la pianura. Eppure qui, dove produrre costa di più e la fatica è doppia, nasce oltre un quinto del Parmigiano Reggiano. 884mila forme nel 2024, in crescita del 2,6%. Numeri che raccontano una resistenza diventata rinascita.

"Produrre Parmigiano Reggiano in montagna - spiega Nicola Bertinelli, Presidente Consorzio Parmigiano Reggiano - costa molto di più rispetto alla pianura, oltre 10 euro al quintale del latte, oltre che essere difficile, complesso, perché coltivare terreni in pendii è una difficoltà ben diversa rispetto alla pianura. Ecco perché negli anni, nelle aree montane c'è stato un grande spopolamento. Grazie al progetto del Parmigiano Reggiano di Montagna, in realtà noi abbiamo contenuto questa emorragia, anzi addirittura la produzione di montagna è aumentata e si sono insediati tanti giovani. Qual è l'elemento più importante? Garantire un reddito a chi alleva in montagna, chi produce in montagna, che dà un senso economico a rimanere in montagna".

La svolta arriva nel 2016 con il marchio "Prodotto di Montagna". Una certificazione che oggi vale 230mila forme e che dal 2025 garantirà un premio di 20 euro a forma bollata a fuoco dopo 20 mesi di stagionatura. Perché il problema non è solo produrre, ma rendere sostenibile una scelta di vita. Dal 1 al 4 agosto Casina di Reggio Emilia diventa la capitale di questa economia verticale, con 45 caseifici pronti ad animare la Fiera giunta alla 59 edizione.

"La possibilità di avere una remunerazione adeguata del prodotto - ricorda Riccardo Deserti, Direttore Generale Consorzio Parmigiano Reggiano - è l'architrave sotto la quale leggiamo oggi il tema della montagna che è oggetto dell'incontro di oggi. Il prodotto delle zone di montagna è comunque in un buono stato di salute e su questo stiamo costruendo prospettive per il futuro".

Onaf, l'organizzazione nazionale assaggiatori di formaggio, ha nominato Casina "Città del formaggio", simbolo nazionale di una produzione che coinvolge oltre 800 allevatori attivi in tutta la montagna appenninica, capaci di fornire 425mila tonnellate di latte all'anno. Un'inversione di tendenza impensabile rispetto al decennio 2000-2010, quando nei territori montani della zona d'origine chiusero ben 60 caseifici. "I giovani al giorno d'oggi, soprattutto quelli che vengono dalla montagna - dice Maurizio Cineroli, assessore ai lavori pubblici del comune di Casina - hanno capito che vogliono vivere in montagna perché è il loro paese, non c'è più l'emigrazione di una volta verso la città. È vero che non abbiamo semmai proprio tutti i servizi, ma non è che ci manchi poi tanto".

Il Parmigiano Reggiano di montagna vale oggi il 21,7% della produzione totale Dop. Ma il vero valore non si misura solo in percentuali. A febbraio 2026 i vincitori del Palio che si svolgerò a Casina riceveranno il Casello d'Oro a Madrid. Un formaggio nato tra i monti che conquista il mondo, portando con sé l'orgoglio di chi ha scelto di restare.

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