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Stefano Sollima scava nelle indagini sul caso del Mostro di Firenze

di TMNews venerdì 5 settembre 2025
1' di lettura

Venezia, 5 set. (askanews) - Otto duplici omicidi. Diciassette anni di terrore. Sempre la stessa arma. Con la serie "Il Mostro", presentata in anteprima alla Mostra di Venezia, Stefano Sollima si addentra in una delle più lunghe e complesse indagini italiane, quella sul primo e più brutale serial killer della storia italiana: il Mostro di Firenze.

La serie è composta da quattro episodi, ritorna alle origini del caso, a partire dalla prima indagine, e sarà su Netflix dal 22 ottobre. "E' un tema gigantesco, proprio per la sua complessità, anche per la quantità di tesi che sono uscite nel corso degli anni. - ha detto il regista - Ormai sono circa 20 anni che si dibatte su chi possa essere il mostro di Firenze ed è un caso praticamente irrisolto, non c'è un unico colpevole per tutti i sedici omicidi".

Questa storia è stata ricostruita sulla base dei procedimenti e delle indagini ancora in corso e parte dalla pista sarda. Perché nel corso del tempo e delle indagini i mostri possibili sono stati molti. Sollima ha spiegato: "Quella che volevo raccontare io era la pista sarda, che è la prima indagine, anche per l'intreccio straordinario che c'è tra i personaggi di quella pista. Mi sembrava bello chiudere con qualcosa che fa dire allo spettatore: ah! E capisci che tutta la storia che hai raccontato è prima di quello che tu immagini sia".

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"Persistono difficoltà, nell'Unione, nel mettere a fattor comune le iniziative su materie strategiche come le politiche estera e di difesa; così come gli investimenti in infrastrutture e innovazione", ha detto il presidente, "La carenza di un'azione comune adeguata indebolisce tutti: si traduce in una minore capacità di rispondere alle necessità dei cittadini e in una progressiva perdita di rilevanza sul piano internazionale. Non possiamo permettercelo".

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Negli ultimi anni, i social network, come Instagram, Facebook e Tik Tok si sono trasformati in un terreno fertile per la raccolta del consenso politico, diventando strumenti indispensabili per la comunicazione diretta dei politici, l'engagement degli elettori e la formazione dell'opinione pubblica. Tutti i partecipanti all'evento si sono trovati d'accordo nell'affermare che l'errore che deve evitare un politico sui social è quella di cucirsi addosso un abito che non è il suo e comunicare in maniera diversa rispetto a come appare nella vita reale. Ecco allora la necessità di affidarsi a un social media strategist.

"La figura del social media strategist è fondamentale perché in un'epoca in cui il consenso si costruisce soprattutto on-line servono dei professionisti che conoscano nel dettaglio le piattaforme e che siano in grado, una volta identificati gli obiettivi di una campagna elettorale, di distribuire i messaggi chiave in maniera ottimale", afferma Raffa.

C'è un altro aspetto fondamentale che i social media strategist conoscono: il coinvolgimento, l'interazione, i like sui social, anche da parte di milioni di follower, non sempre si tramutano in consenso elettorale.

"Credo che non ci sia un vero report che permetta di paragonare quanto il mondo social poi trasporti nelle urne le persone. Posso dire che i social non sono una bacchetta magica, sono un mezzo, sono una una piattaforma che permette di dare una cassa di risonanza a un messaggio ma che quel messaggio è il vero fulcro su cui ruota poi il consenso o meno. Tutto si basa su quello che è poi l'essenza della politica perché la comunicazione è sicuramente una parte fondamentale della politica ma senza una vera politica dentro un vero messaggio non è nulla", sottolinea Longobardi.

Le novità nel mondo digitale sono sempre dietro l'angolo e in vista delle elezioni politiche del 2027 i leader politici dovranno confrontarsi con nuove regole adottate da alcune piattaforme.

"Nella campagna elettorale del 2027 ci saranno senza dubbio delle novità alcune sono figlie delle scelte di quest'ultimo mese da parte delle piattaforme. Meta ad esempio per adeguarsi al regolamento Ue ha deciso di bloccare l'advertising politico sui propri canali: questo comporterà un ritorno all'importanza del contenuto da parte dei partiti e dei leader politici e quindi una maggiore attenzione alla costruzione di quelli che possono essere i formati a cui l'elettorato risponde meglio", conclude Raffa.

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Brasile, oltre 130 morti nel raid anti-droga della polizia a Rio

Rio de Janeiro, 29 ott. (askanews) - È salito a oltre 130 morti il bilancio della maxi-operazione delle forze di sicurezza a Rio de Janeiro contro il gruppo criminale del "Comando Vermelho", il secondo più potente del Brasile.

Nelle immagini, i parenti delle vittime piangono davanti ai corpi dei loro cari dopo averli identificati nel Complesso Penha, nelle favelas a Nord di Rio.

Si è trattato del più grande raid mai effettuato contro i narcotrafficanti della città e la più sanguinosa operazione di polizia: sono stati dispiegati 2.500 ufficiali pesantemente armati, supportati da veicoli blindati, elicotteri e droni. Il bilancio precedente del governo parlava di 64 morti tra cui quattro agenti di polizia.

I corpi sono stati disposti in fila dagli abitanti usciti alla ricerca dei loro familiari scomparsi. I cadaveri sono stati rimossi da una vicina zona boscosa, dove si sono verificati gli scontri più violenti tra polizia e narcotrafficanti.

L'operazione ha portato all'arresto di 81 persone.

Il Comando Vermelho è un gruppo criminale coinvolto nel traffico di droga e armi fondato nel 1979 in una prigione di Rio; negli ultimi anni si è espanso in altri stati. In Brasile, è secondo solo al Primeiro Comando da Capital (Pcc), con sede a San Paolo, suo più acerrimo rivale.

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Volker T rk ha espresso in un post sui social il suo "orrore" per quanto avvenuto: "Ricordiamo alle autorità i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale e sollecitiamo che vengano condotte indagini tempestive ed efficaci".

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