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GAM Torino, la storia della notte è un sogno tra scienza e plenilunio

di TMNews martedì 4 novembre 2025
2' di lettura

Torino, 4 nov. (askanews) - La notte è uno spazio poetico e umano, ma anche un momento scientifico e talvolta un tempo ambiguo, pericoloso. Il suo fascino è realmente vecchio come l'umanità e la sua rappresentazione ha attraversato la storia della nostra civiltà. E un viaggio notturno lungo "Cinque secoli di stelle sogni, pleniluni" lo offre la mostra "Notti", allestita alla GAM di Torino con la curatela di Elena Volpato e Fabio Cafagna, che ci ha guidato attraverso le 14 sale dell'esposizione.

"È una ricognizione sul tema del notturno fatto attraverso molti secoli, i cinque del titolo - ha detto Cafagna ad askanews - in una doppia accezione: la notte vista come momento di osservazione astronomica, quindi momento prettamente scientifico, in cui la mente dei novatores e degli scienziati è rivolta verso il cosmo, e invece dall'altra parte un momento intimo, un momento di prossimità con le tenebre, con il buio e quindi anche con la propria interiorità".

In mostra una prima edizione di Galileo Galilei, ma anche dipinti di Jackson Pollock o sculture di Louise Nevelson; fotografie di Thomas Ruff e opere del Canova. Un intreccio che può apparire eterogeneo, ma in realtà, vissuto da spettatore, restituisce il senso di mistero, di inquietudine e di bellezza che i cieli stellati sopra di noi e le forme del buio alle pareti continuano a suscitare.

"Abbiamo creato soprattutto dei dialoghi - ha aggiunto Cafagna - in una mostra che ha una successione direi cronologica al 90% con delle intrusioni in ogni sala. Ci sono prestiti da musei internazionali, nazionali a cui siamo grati molto importanti e ci sono ovviamente molti collezionisti privati che hanno partecipato, ma quello che abbiamo voluto fare è anche inserire un nucleo di opere consistenti dalle nostre collezioni della GAM".

Un'occasione per dare spazio e visibilità a opere che non possono sempre essere esposte, ma anche un momento per fermarsi e lasciare che tutto ciò che normalmente sta in penombra possa tornare davanti ai nostri occhi, con la dolcezza blu del dipinto di Chagall che chiude la mostra.

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Curata e conservata per quasi due decenni, la collezione è stata svelata al pubblico due giorni dopo la grande cerimonia di apertura ufficiale del museo egizio più grande al mondo al Cairo. Precedentemente erano state aperte solo alcune sale e gallerie.

È ora possibile vedere gioielli, carri, oggetti per la casa, ornamenti, accanto alla celebre maschera dorata di Tutankhamon, circondata da effetti personali, strumenti dorati, cimeli di famiglia e statue funerarie. In un'altra stanza ci sono anche due piccole principesse mummificate, le figlie del faraone morte prima della nascita.

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Pietro Rigolo, capo curatore della collezione, ha raccontato ad Askanews la mostra: "All'interno dello scrigno che ospita la nostra Collezione Permanente ospitiamo la mostra di Piotr Uklanski, un artista polacco che presenta questo progetto che parte del nostro progetto Beyond the Collection, volto a entrare in dialogo con artisti contemporanei e porre allo stesso tempo gli artisti contemporanei in dialogo con delle opere del passato della nostra Collezione Permanente e aiutarci in qualche modo a riflettere in maniera inedita su queste opere. Per la prima volta, Piotr Uklanski decide di intervenire non solo nel piccolo spazio che storicamente è stato deputato a questo intervento, ma in tutto lo scrigno, quindi in tutto lo spazio della Collezione Permanente e addirittura all'interno della città di Torino, perché presenta anche degli interventi all'interno di due musei cittadini, il Museo dell'Anatomia Umana dell'Università di Torino e il Museo della Frutta a San Salvario. La mostra si titola Faux Amis, falsi amici, perché si basa appunto tutta su questi accoppiamenti che a prima vista possono essere facili e semplicistici ma che poi raccontano una storia nascosta, una storia più complessa. Bellotto è un artista che è presente nella nostra collezione con due tele molto importanti che sono due raffigurazioni della città di Dresda. Nel nostro scrigno, Uklanski decide di trasformare una grandissima parete apponendo una carta da parati di un altro dipinto di Bellotto che non è nella nostra collezione ma che è in un museo a Zurigo che rappresenta la città di Dresda bombardata dall'esercito prussiano durante la Guerra dei Sette anni nel 1760. Prima di tutto c'è questa contrapposizione molto drammatica tra la Dresda in fiore rappresentata nei dipinti della nostra collezione e la Dresda appunto in rovina. Su questa carta da parati lui decide di appendere una sua foto di un monumento realizzato dai sovietici in Polonia che celebra la liberazione di Varsavia dai nazisti da parte appunto dell'Armata Rossa nel 1945. Per Uklanski questo monumento sovietico è la quintessenza di un falso amico nel senso che la liberazione sovietica poi porterà ad un'altra occupazione. Il Bellotto della Pinacoteca Agnelli, il Bellotto di Dresda bombardata, il monumento sovietico insieme trattano di un collassamento dei tempi e dello spettro della guerra che torna ad essere sempre presente: presente nella guerra dei sette anni, presente nella seconda guerra mondiale e purtroppo presente anche oggi in Polonia che è proprio al confine con l'Ucraina e con un conflitto che sempre più sembra avvicinarsi a noi".

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