Roma, 11 dic. (askanews) - Rispetto al 2024 la domanda mondiale di energia è aumentata dell'1,8% su una media degli ultimi 15 anni dell'1,6%. Se si estende lo sguardo al 2000 l'incremento diventa del 58%, a fronte di un aumento della popolazione mondiale del 34%. Un progresso significativo della domanda che, nonostante l'attenzione verso la transizione energetica, continua a essere soddisfatta in larghissima parte dalle fonti fossili. Nel 2025 il petrolio si è confermato ancora la prima fonte di energia a livello mondiale, con una quota superiore al 33%. Seguono il carbone, intorno al 27%, e il gas naturale, circa il 25% con le rinnovabili al 9% rispetto al 6% del 2015, mentre il nucleare si posiziona poco oltre il 5%. Uno scenario non diverso da quello europeo e italiano. Anche qui il petrolio si conferma la prima fonte di energia con il 42% (praticamente come nel 2000) e il gas consolida il suo 24%. Le rinnovabili si attestano intorno al 15% rispetto al 3% del 2000, "spiazzando" soprattutto il carbone e marginalmente il nucleare. Questo il quadro tracciato da Unem, Unione energie per la mobilità che ha presentato il preconsuntivo 2025 alla vigilia di una scadenza importante per la Ue, quella del 16 dicembre, con il dossier automotive sul tavolo in cui potrebbe essere presa la decisione di una revisione del divieto imposto alla vendita di nuove auto con motore a combustione interna a partire dal 2035. Unem ha messo in evidenza come i valori attuali del mix energetico siano non troppo lontani da quelli di venti anni fa, a riprova di come il percorso di transizione sia più lento di quanto spesso venga rappresentato nel dibattito pubblico e come ancora una volta ogni indicazione debba seguire realisticamente un principio di neutralità tecnologica.
Gianni Murano, Presidente Unem: "Mai come in questo momento c'è bisogno di voltare pagina. Abbiamo detto più volte, oggi è il nostro preconsuntivo, che il futuro non è più quello di una volta e in effetti è vero. Sono cambiate le priorità, sono diverse le strategie, l'assetto diciamo geopolitico fa sì che noi dobbiamo assicurarci anche della sicurezza degli approvvigionamenti e quindi essere certi anche di quello che potrà essere il futuro da un punto di vista energetico. I biocarburanti, e in particolare la libertà tecnologica e quindi la possibilità di centrare la decarbonizzazione ma in modi diversi e sempre più liberi, quindi non non mettendo nessun divieto ad alcuna tecnologia, sono la soluzione che noi ci aspettiamo che arrivi dal dalla commissione il 16 dicembre".
Una spinta in particolare in Italia in questa direzione potrebbe arrivare secondo Unem dall'impiego delle risorse fiscali derivanti dall'allineamento tra accise del diesel e della benzina. "L'allineamento delle accise genera un flusso di cassa positivo di circa 600 milioni di euro l'anno e noi quello che chiediamo è che una parte di questo flusso di cassa, che è comunque fuso di cassa positivo, quindi in più chi arriva alla fine dal dal settore dei carburanti venga dedicato alla conversione alla trasformazione del nostro settore per avere un settore sempre più dei carbonizzato, sempre più moderno e quindi favorire la conversione e non la fine del nostro settore".
Sulla necessità di una razionalizzazione delle norme a livello europeo è intervento anche il professor Ennio Cascetta, Coordinatore dell'osservatorio Sunrise Most: "I dati sono molto chiari diciamo basta metterli insieme e volerli leggere. Dal 2005 al 2019 le emissioni di CO2 dovute al trasporto su strada in Italia si sono ridotte del 18%, dal 2019, quindi pre Covid, a oggi sono aumentate del 4%, quindi mentre nei 20 anni precedenti se ha avuto una decarbonizzazzione trasporto stradale negli ultimi cinque anni c'è stata una ri-carbonizzazione nonostante le norme nonostante, gli incentivi perché evidentemente si è semplificato la complessità di un mercato enorme e articolatissimo come quello del trasporto su strada che vede insieme lo scooter 50 con un Tir da 40 tonnellate tutti consumano tutti e emettono e il l'ipotesi che si è fatta semplificativo a livello europeo e cioè che il miglioramento e il passaggio all'elettrico individuata come unica opzione tecnologica nel breve periodo, perché 2030 è domani mattina, è stata un'assunzione che né nei fatti non è stata confermata dal mercato. Le persone hanno continuato a comprare veicoli a combustione interna anche nei paesi più virtuosi in Italia e fra i meno virtuosi, ma i paesi più virtuosi come Norvegia, Danimarca, Olanda, eccetera, eccetera è vero che si vendono molti più veicoli elettrici rispetto a quanti se ne vendono in Italia, ma l'uso del petrolio per l'autotrazione in questi anni è aumentato".
Un invito a tagliare i costi energetici per le imprese per dare slancio alla produttività, in uno scenario in cui la crescita del Pil è destinata a rallentare è arrivato dal direttore del Centro studi di Confindustria, Alessandro Fontana: "La cosa principale è che noi paghiamo, sia famiglie che imprese, pagano l'energia più di quanto non venga pagata in altri paesi europei e più di quello che viene pagata fuori dall'Europa. Quindi siamo sicuramente danneggiati questo in termini sia di potere d'acquisto delle famiglie e che quindi sottraggono risorse ai potenziali consumi, e sia per le imprese perché gli aumenti i costi di produzione e quindi questa è la priorità. Quella di agire sulla riduzione dei costi di energia quantomeno allineati almeno agli altri paesi europei con costi superiori agli Stati Uniti, ad esempio e ovviamente a Cina quindi già questo il minimo necessario da fare".