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Cicchitto e il caso Regeni: "Il governo non sapeva nulla". Il sospetto: complotto contro l'Italia

di Giulio Bucchi domenica 20 agosto 2017
3' di lettura

Una "polpetta avvelenata", una manovra per mettere in difficoltà l'Italia, sulla pelle di Giulio Regeni. È l'onorevole Fabrizio Cicchitto, esponente di spicco di Alternativa popolare e presidente della Commissione Affari Esteri a Montecitorio, a lanciare l'allarme su quello che sta accadendo in questi giorni sull'omicidio del giovane ricercatore italiano trovato morto alla periferia del Cairo il 3 febbraio 2016. Torturato e ucciso brutalmente, con ogni probabilità da esponenti di spicco dei servizi segreti egiziani. Per ora però mancano le prove certe, anche per l'ostruzionismo del governo di Al Sisi e delle autorità locali. La decisione del nostro governo di far tornare l'ambasciatore al Cairo è stata contestata dai genitori di Regeni, che la considerano di fatto una resa ai carnefici di Giulio. Nelle stesse ore il New York Times Magazine ha lanciato una bomba sul nostro esecutivo: "Gli 007 americani avevano fornito prove esplosive a Palazzo Chigi sui responsabili dell'assassinio di Giulio". "Dicono che avevamo le prove, date dai servizi americani, sulle responsabilità dell'intelligence egiziana. Non è vero - ribatte duro Cicchitto in una intervista al Quotidiano nazionale -. Io, fin dalla scoperta del cadavere, ho parlato con tutti: dal premier Matteo Renzi al ministro degli Esteri Gentiloni alla ministra della Difesa Pinotti allo stesso Marco Minniti,  all'epoca sottosegretario con delega ai servizi, a molti altri esponenti di governo. Mai ho anche solo subodorato una cosa del genere. Sarebbe stato il segreto meglio custodito della storia. Impresa impossibile. Specie in Italia". A insospettire Cicchitto è la tempistica delle indiscrezioni americane: "Guarda un po': queste strabilianti rivelazioni escono proprio il giorno dopo in cui l'Italia rimanda in Egitto l'ambasciatore dopo un anno e più di assenza. E che ambasciatore: Giampaolo Cantini". Scelta contestata ma, sottolinea, Cicchitto, giusta: "Un ambasciatore forte accompagnato da una pressione forte sui vertici egiziani può aprire varchi impensabili facendo breccia nelle contraddizioni chiaramente emerse. E poi in Egitto dobbiamo giocare ad armi pari con gli altri vista la grande importanza geopolitica di quel Paese". In Egitto stanno "giocando" Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e "si parla di tutta l'area mediterranea. Si pensi ai rapporti con la Libia e al ruolo che l'Egitto può avere nel dramma dei profughi e dei migranti, nel controllo delle rotte degli scafisti". E poi gli "enormi interessi economici. Come il giacimento petrolifero dell'Eni. Con conseguenti scenari inquietanti. Con nuclei polizieschi che, in automatico, agiscono nei confronti dei sospetti. O entità statuali straniere che non vedono di buon occhio il rapporto Italia-Egitto e attività dell'Eni".  I sospetti di Cicchitto risalgono direttamente a quei giorni tra gennaio e febbraio in cui fu ritrovato il corpo di Regeni, orribilmente straziato dalle torture: "Viene fatto ritrovare proprio nel giorno della visita dell' allora ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi al Cairo, accompagnata da numerosi imprenditori, visita che fu bruscamente interrotta proprio per il ritrovamento di Regeni torturato e assassinato. Sembra quasi che un nucleo di corpi separati abbia voluto esibire il cadavere di Regeni per mettere in crisi i rapporti fra Egitto e Italia. Poi se questo nucleo è stato finanziato e manovrato da potenze economiche o politiche straniere evidentemente può essere solo una congettura: certo è che nel quadro di operazioni aberranti il corpo del delitto poteva anche essere fatto sparire, invece è stato crudelmente mostrato".

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