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Corte Ue: Spagna doveva rilasciare Junqueras, ha immunità

sabato 21 dicembre 2019
1' di lettura

Madrid, 19 dic. (askanews) - Il leader indipendentista catalano Oriol Junqueras godeva dell'immunità di europarlamentare al momento della sua elezione e doveva essere rilasciato per partecipare alla sessione costitutiva della nona legislatura del Parlamento europeo del 2 luglio a Strasburgo. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell'Unione Europea. L'ex vicepresidente della "Generalitat" catalana e leader del partito Erc (Sinistra repubblicana di Catalogna), che stato condannato a 13 anni di carcere per sedizione e appropriazione indebita, non ha potuto assumere le sue funzioni perché sottoposto a carcerazione preventiva dal novembre 2017, come organizzatore del referendum per l'indipendenza della Catalogna. Dopo la proclamazione dei risultati elettorali, a Junqueras non è stato permesso di lasciare il carcere per andare a prestare il giuramento di osservare la Costituzione spagnola imposto dalla legge nazionale agli eletti del Parlamento europeo, e per recarsi alla sessione di apertura nella nuova legislatura dell'Assemblea di Strasburgo. Lo status di eurodeputato, chiarisce la sentenza della Corte, invece implica il godimento di un'immunità che avrebbe dovuto comportare la sospensione della carcerazione preventiva, per consentire all'eletto di trasferirsi al Parlamento europeo e conformarsi alle formalità richieste. La sentenza di oggi ha inoltre una importante conseguenza indiretta, perché dovrebbe aprire le porte al riconoscimento dell'immunità per altri due politici catalani, l'ex presidente della Generalitat Carles Puidgemont e il suo ex consigliere Toni Comìn, eletti anch'essi parlamentari europei alle elezioni del 26 maggio. Puidgemont e Comìn, come Junqueras ma in circostanze diverse, non hanno potuto assumere le loro funzioni.

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Von der Leyen critica la mozione di sfiducoia dell'estrema destra

Strasburgo, 7 lug. (askanews) - La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è difesa con forza, nella plenaria del Parlamento europeo questo pomeriggio a Strasburgo, dalla accuse che le sono state rivolte da un gruppo di eurodeputati, con una mozione di censura per il suo comportamento nel cosiddetto "Pfizergate", ma non ha ritenuto di dover replicare alla fine del dibattito.

La vicenda a cui fa riferimento la mozione di censura, presentata dall'eurodeputato conservatore rumeno Gheorge Piperea e sostenuta da circa un terzo del suo gruppo (Ecr), dalle due formazioni di estrema destra (Sovranisti e Patrioti), dagli italiani del M5S e da una parte dell'estrema sinistra, riguarda la mancanza di trasparenza nello scambio di messaggi Sms che ci fu, durante la pandemia di Covid-19, tra von der Leyen e Albert Bourla, il Ceo di Pfizer, durante i negoziati per i vaccini, che poi furono in gran parte forniti ai paesi Ue proprio da Pfizer.

La Commissione ha poi rifiutato di rendere pubblici i messaggi Sms e li ha soppressi, ma questa decisione è stata condannata e simbolicamente annullata dalla Corte europea di giustizia, con una sentenza del 14 maggio scorso in cui ha accolto un ricorso di una giornalista del New York Times.

Von der Leyen si è difesa; "È una mossa presa direttamente dal vecchio repertorio degli estremisti, che polarizzano la società, erodono la fiducia nella democrazia con false affermazioni", ha dichiarato al Parlamento Europeo a Strasburgo in vista del voto di fiducia previsto per questa settimana". Poi ha ricordato che durante la pandemia, quando si stavano negoziando con le industrie produttrici le modalità di fornitura dei vaccini "in ogni fase del processo, abbiamo discusso apertamente e in modo trasparente con quest'Aula, con gli Stati membri, con i cittadini europei. Tutto era di dominio pubblico. Quindi sì - ha riconosciuto la presidente della Commissione -, non è un segreto che fossi in contatto con i massimi rappresentanti delle aziende che producono i vaccini, che ci avrebbero fatto uscire da questa crisi. Certo che lo ero, così come ho chiesto consiglio ai migliori epidemiologi e virologi del mondo. Come ero in contatto con organizzazioni delle Nazioni Unite e le Ong. Ma l'insinuazione che questi contatti fossero in qualche modo inappropriati o contrari agli interessi europei è, sotto ogni punto di vista, semplicemente errata", ha osservato von der Leyen.

E ha aggiunto: "Lasciatemi chiarire ancora una volta i fatti. Le trattative contrattuali sono state condotte congiuntamente dalla Commissione e dagli Stati membri. Ogni singolo contratto negoziato è stato esaminato in dettaglio nelle capitali prima di essere firmato da ciascuno dei 27 Stati membri. Non c'erano segreti, clausole nascoste, obblighi di acquisto per gli Stati membri. In effetti, tutti i 27 Stati membri hanno deciso di acquistare i propri vaccini di propria spontanea volontà. Quindi - ha sottolineato -, qualsiasi affermazione secondo cui uno Stato membro non fosse a conoscenza dei contratti, dei prezzi o delle quantità è disonesta. Anzi, chiamiamola con il suo nome: è semplicemente una menzogna"-

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