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Confintesa: rivolte studentesche del '68, rivoluzione incompiuta

domenica 7 ottobre 2018
2' di lettura

Roma, 5 ott. (askanews) - Cosa è rimasto delle rivolte studentesche del '68 e dell'autunno caldo dell'anno successivo? Quale Italia ha disegnato quella stagione di lotte? E quali sono stati gli errori di quella rivoluzione per certi versi incompiuta? A cinquant'anni di distanza, Confintesa, il sindacato attivo soprattutto nel pubblico impiego, ha provato a dare una lettura, da destra, di quei fatti che hanno segnato la storia del Paese. "Il '68: la rappresentanza incompiuta" è stato il titolo dell'iniziativa che ha messo a confronto personalità del sindacato, del mondo delle imprese e della politica. Un momento di riflessione che è ruotato intorno alle attuali forme di rappresentanza, che secondo il segretario generale di Confintesa, Francesco Prudenzano, mostrano limiti che sono il segno di una rivoluzione incompiuta. "Il '68 ha perso la sua battaglia perché si è basato su degli assolutismi: vietato vietare, tutto e subito - dice - quello che è rimasto del '68 adesso è un'impostazione generale della società e un certo senso di mancanza di responsabilità collettiva. Non vorrei parlare male di tutto il periodo, ma certo è stata un'occasione per portare a casa alcuni risultati che è stata male interpretata - aggiunge Prudenzano - e qualcuno probabilmente non aveva nemmeno idea su dove andare a parare". Il confronto è stato anche l'occasione per ricordare la battaglia di Valle Giulia del 1 marzo 1968, lo scontro di piazza tra studenti universitari e polizia. Rivolta che indusse lo scrittore Pier Paolo Pasolini a una presa di posizione a favore dei poliziotti e contro i manifestanti, che gli costò la scomunica del Pci, il suo partito di riferimento. A ricordare i fatti è stato uno dei protagonisti di quella giornata, il giornalista Guido Paglia. "Valle Giulia - afferma Paglia - è stato forse il momento più alto. Ci fu una fiammata, che ricordo con grande nostalgia. Mi dispiace per tutti quelli a cui possiamo aver fatto del male, perché ovviamente erano come disse giustamente Pasolini figli del popolo". Tra i relatori del convegno anche l'imprenditore e componente della giunta nazionale di Confapi, Vincenzo Elifani, e lo storico leader della Uil, Giorgio Benvenuto, che hanno parlato delle differenze e dei punti di contatto tra l'Italia di mezzo secolo fa e quella di oggi. "In quel momento - dichiara Elifani - secondo me c'è stato un boom di questa protesta anche perché facilitata dall'uso della televisione. Oggi, vedendo i nostri tempi, abbiamo strumenti, per esempio Internet e i social media. E sembra quasi che con diversi strumenti e diverse modalità certe cose si ripetano nel tempo". "Cosa è rimasto? - si chiede Benvenuto - un Paese che è cambiato e che ha saputo affrontare una grande contestazione giovanile, soprattutto operaia, e trasformare questa contestazione, questa protesta diffusa in una proposta. I problemi sono gli stessi - conclude - ma la situazione è completamente diversa. Allora era un Paese in crescita".

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