La scoperta grazie al contributo dei lettori

Il Codice Ratzinger è, in sostanza, il “Codice di Gesù”: Benedetto XVI comunica come Cristo con gli accusatori

 

 

Come diceva Giovanni Paolo II, “la verità si impone da sola”. Tuttavia, uno dei fenomeni più straordinari di questa inchiesta è il convergere sincronico dell’attenzione dei lettori, tutti insieme, su alcuni singoli aspetti, come se fosse al lavoro un inconscio collettivo che sta ricostruendo pezzo per pezzo la vicenda più importante degli ultimi mille anni. L’ultima volta, ad esempio, notammo che un nodo da risolvere, per molti, risultava solo ancora il discorso di Benedetto XVI per il 65° di sacerdozio, che abbiamo decodificato QUI  .

Qualche giorno fa, invece, abbiamo ricevuto due email che affrontavano una stessa, nuova questione da due lati diversi: un contestatore ci chiedeva: “Come potrebbe Benedetto XVI usare un linguaggio così sibillino come il Codice Ratzinger, quando Gesù ha raccomandato «il vostro parlare sia sì sì, no no, il resto viene dal Maligno?». Viceversa, una lettrice ci ha suggerito, nella stessa mattinata: “Durante il Rosario ho avuto un’intuizione: credo che papa Benedetto comunichi nello stesso stile che usava Gesù”.

Abbiamo così approfondito, con l’aiuto di alcuni teologi e biblisti, e ci si è rivelato un fatto assolutamente straordinario, quanto ovvio: Benedetto XVI, unico papa legittimo e unico Vicario di Cristo in terra, si esprime realmente con le stesse figure retoriche e le stesse modalità espressive di Gesù in diversi momenti della Sua predicazione, in uno stile che ricorre anche in quello degli Evangelisti. Si tratta di una comunicazione non sempre immediatamente esplicita, talvolta apparentemente oscura e velata che compare soprattutto nelle risposte di Cristo agli increduli, o ai Suoi accusatori. Ma, allora, come si concilia, questa, con quel famoso “sì sì, no no”?

Rispondono i teologi che Gesù insegna a dire sempre la verità, con sobrietà ed essenzialità, ma questo non Gli evita di dirla con divina intelligenza, adattando il linguaggio a seconda della disposizione d’animo dei Suoi interlocutori.

Ricorre infatti, in molti passi del Vangelo, il monito “chi ha orecchie intenda”. Ad esempio, il Redentore parla spessissimo per parabole perché “chi cerca trova”: solo chi ha autenticamente sete di Verità possiede la buona attitudine per ragionare, interrogarsi e capire le Sue parole apparentemente oscure. Tutte le parabole di Cristo conducono a prendere posizione verso la Sua persona e il Suo messaggio ed hanno l’intento di suscitare e far maturare la fede degli uditori. Insomma, Gesù vuole che gli uomini ci mettano del loro, che facciano lavorare il cuore e la testa per capire: ragione e fede.

Allo stesso modo, parla papa Benedetto. Basti pensare a quando ripete da otto anni “il papa è uno” senza mai spiegare quale. In quanti “hanno avuto orecchie” e si sono fatti una domanda? Oppure quando scrive, in riferimento alle proprie “dimissioni”: “Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel I millennio è stata un’eccezione”. Ora, dato che tra I e II millennio hanno abdicato dieci papi, chiunque sia dotato di un minimo di raziocinio balzerebbe sulla sedia. Avete visto voi l’informazione mainstream interrogarsi su tali scioccanti affermazioni? Zero. Eppure, la spiegazione c’è, eccome, QUI, ma la frase risulta un vero enigma per chi rimane in superficie. Del resto, Gesù stesso è un enigma, affermano i biblisti: è incompreso perché incomprensibile da chi appartiene al mondo inferiore e non può capire né Lui, né la Sua rivelazione: «Venne fra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11); «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo» (Gv 8,23).

Anche papa Benedetto scrive, in Ultime conversazioni (Garzanti, 2016): «Io non appartengo più al vecchio mondo, ma quello nuovo, in realtà, non è ancora incominciato».

Tuttavia, non solo gli avversari non capiscono le parole del Nazareno, ma anche i Suoi discepoli, che commentano: «Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?» (Gv 6,60).

Il Messia e i suoi interlocutori si parlano stando su due piani diversi, per questo i secondi non comprendono.

E, non a caso, anche diversi cattolici legati alla Tradizione e al Cattolicesimo autentico, non capiscono il Codice Ratzinger e non vogliono capirlo, perché sono troppo arrabbiati con papa Ratzinger, dato che continuano a ritenere che egli abbia davvero abdicato, come propala il pensiero unico. Lo constata amaramente perfino Benedetto XVI scrivendo al card. Brandmüller QUI: “Il dolore in alcuni si è trasformato in rabbia, che non riguarda più solo la rassegnazione, ma si sta espandendo sempre più verso la mia persona e il mio pontificato nel suo insieme”.

Costoro si trovano su un piano diverso, che non è quello della pace, del silenzio e dell’ascolto. Altrimenti, avrebbero scoperto la sottile, inequivocabile verità dei messaggi in Codice Ratzinger, come quella frase sulle dimissioni dei papi: col suo riferimento storico, Benedetto XVI rivela di essere sempre rimasto IL papa, perché ha rinunciato al solo potere pratico come quei papi del I millennio, che rimasero papi, pur essendo stati temporaneamente scacciati dagli antipapi.

Anche le citazioni bibliche fanno parte dello stile sia di Cristo che di papa Benedetto. Quando, nel deserto, Gesù viene tentato, il demonio Gli chiede: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane» e Gesù risponde: «Sta scritto: non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

Allo stesso modo, anche Benedetto XVI ha citato la Scrittura (neotestamentaria) di fronte a Bergoglio e ai cardinali riuniti per il suo 65° di sacerdozio, nel 2016, ricordando, infatti, quando il Salvatore, durante l’Ultima cena rese grazie con la parola Eucharistomen. “Gesù – ha spiegato il papa - ha trasformato in ringraziamento, e così in benedizione, la croce, la sofferenza, tutto il male del mondo”. Così, Benedetto rende grazie perfino per essere stato detronizzato e costretto alla sede impedita, il sacrificio che porterà alla redenzione della Chiesa, alla sua purificazione QUI  .

C’è poi, nello stile del Messia che ritroviamo soprattutto nel Vangelo di Giovanni, la tecnica narrativa dei “fraintendimenti” che si ripetono secondo uno schema fisso:

a) Gesù fa un’affermazione; b) l’interlocutore fraintende perché si ferma al piano inferiore; c) Gesù o l’evangelista riprendono e illustrano la sua affermazione su un altro piano di significato; d) alla fine dell’episodio il lettore ha ricevuto tutto l’insegnamento  che l’evangelista voleva trasmettergli.

Qualcosa di simile avviene con lo status di “papa emerito”: tutti quelli che non sono “sintonizzati” pensano che si tratti di un titolo burocatico, per individuare un assurdo “papa in pensione” (che giuridicamente non esiste), mentre il significato (cioè il papa vero, legittimo) è descrittivo, spirituale, infinitamente più profondo, teologico ed escatologico.

Ma lo schema del fraintendimento si avvale spesso anche delle anfibologie (espressioni interpretabili in due modi diversi), per esempio, quando Gesù chiede alla Samaritana: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva».  Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?” (Gv 4,10).  

La parola “acqua viva” significa sia “acqua di sorgente” che “acqua di vita”. La donna non ha capito che l’acqua viva che gli avrebbe dato Gesù è la salvezza.

Così avviene, per un simile fraintendimento anfibologico, quando papa Benedetto dice di aver rinunciato validamente al suo ministero, ma noi sappiamo che egli si riferisce al ministero-ministerium (esercizio del potere) e non al papato, cioè al ministero-munus. Oppure, quando saluta il mondo da Castel Gandolfo dicendo “non sarò più pontefice sommo”: invertendo il titolo canonico di Sommo pontefice, spiegava che non sarebbe stato più il papa nel posto più alto, isolato, e importante, ma che ve ne sarebbe stato un altro, illegittimo, sul suo trono e molto più potente di lui QUI  .

Oppure, quando dice che teme di “essere di peso agli altri per una lunga invalidità” QUI, quella di Bergoglio come papa, ovviamente, non la sua invalidità fisica. Un’anfibologia che in tedesco è resa con l’inequivocabile parola Behinderung-impedimento, con riferimento proprio alla sua sede impedita.

Ci sono poi delle volte in cui Cristo fa dire la verità al suo stesso interlocutore, per esempio nel momento in cui  Pilato gli chiese:   «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose «Tu lo dici». (Mt 27,11).

Mutatis mutandis, come abbiamo visto nei precedenti articoli, non di rado Benedetto XVI fa dire la verità al giornalista Seewald, come avviene per la frase sul primo lunedi di Carnevale QUI o in quella sulla vicinanza al Signore QUI  dove, assumendo implicitamente le premesse della domanda del giornalista Seewald, Benedetto afferma di essere il papa e il Vicario di Cristo.

Avrete intuito, da questi pochi cenni, la grandezza millenaria di questo pontefice e di questa vicenda.

Benedetto XVI sta facendo capire, grazie allo stile di Colui di cui è vicario, cosa è realmente il papa, paradossalmente quando - in termini umani - è privato di ogni potere e capacità di azione: egli ha davvero rafforzato il papato, (come è stato affermato dal filosofo Giorgio Agamben), l’esatto opposto a quanto ritengono certi suoi oppositori della Tradizione che credono (prendendo un granchio colossale) che, da presunto “modernista”, Joseph Ratzinger abbia svilito il papato facendone una carica come tante altre.