L'editoriale

I prof sono maestri nel proteggere le Caste

Lucia Esposito

Deputati e senatori trombati potranno continuare a occupare le poltrone di società pubbliche e, se lo desiderano, potranno anche diventarne dirigenti, in quanto nessuna legge glielo impedisce né ora né in futuro. Mentre le persone comuni debbono preoccuparsi della perdita del proprio posto di lavoro, gli onorevoli non hanno dunque nulla da temere, perché l’ufficio di collocamento della Casta continuerà a funzionare come ha sempre fatto, cioè sistemando chi non siede più in Parlamento in qualche ente o municipalizzata. Che la situazione resti invariata rispetto al passato lo ha chiarito ieri Filippo Patroni Griffi, il ministro che ha un doppio cognome e forse per questo è capace di tripli salti mortali, come quando spiegò la normalità dell’acquisto con sconto di un appartamento di fronte al Colosseo. Secondo il titolare della Funzione pubblica, fra chi ha ricoperto l’incarico di rappresentante del popolo e chi poi dai rappresentanti del popolo viene indicato per il consiglio di amministrazione di un ente pubblico  non c’è incompatibilità né conflitto d’interessi, per cui il disegno di legge anti corruzione che il governo ha presentato non pone alcun divieto. Tutto potrà continuare come prima, con l’occupazione e la moltiplicazione delle poltrone, perché il clima sobrio non riguarda i membri della Casta né i loro affiliati, ancorché momentaneamente espulsi  da Montecitorio. La simpatica novità, che conferma come a tirar la cinghia siano chiamati sempre i soliti e che le cattive abitudini non vanno in crisi anche quando tutto sembra in crisi, è stata comunicata ai giornalisti come se si trattasse di una cosa normale, assolutamente prevista   e neanche da discutere. Le parole del  ministro esperto  in acrobazie carpiate – lo stesso che respinge l’idea che i dipendenti statali siano trattati come quelli privati – ci hanno dato la prova di ciò che da tempo sospettavamo e cioè che dietro le belle parole dei tecnici  tutto proceda nella migliore tradizione, a cominciare appunto dai privilegi della Casta. La quale Casta non cessa di tramare e ora progetta di mandare il governo a gambe all’aria per rientrare nella stanza dei bottoni. Questo almeno (come Libero aveva già anticipato) è il disegno del Partito democratico, svelato ieri dal responsabile economico di Bersani, Stefano Fassina, che ha candidamente ammesso: «A ottobre si vota». Ma mentre gli onorevoli si fanno gli affari loro, quelli degli italiani invece sono fermi e non muovono un passo. Avete presente la tanto sbandierata compensazione fra debiti e crediti che doveva servire alle aziende per ottenere un po’ di liquidità dalle banche? Una volta annunciata dal presidente del Consiglio è subito sparita e non c’è nessuno che sappia quando diventerà operativa. Da quanto ha scoperto il nostro Franco Bechis, la legge attesa dalle imprese per sfuggire alla stretta del credito, in pratica non esiste perché nessuno si è ancora preso la briga di scriverne il testo. Risultato? Se ne riparlerà nel mese di luglio, ammesso che ve ne sia il tempo e non si finisca a dopo l’estate.  In pratica, ciò che è stato comunicato in conferenza stampa ad oggi è un pio desiderio, un’aspettativa, un’intenzione.   Per la verità, gli onorevoli trombati e i crediti negati non sono la sola sorpresa dell’esecutivo tecnico. Come è noto dei tagli alla spesa pubblica si è persa traccia fin dall’inizio e neppure la nomina a commissario di Enrico Bondi e gli studi del ministro Piero Giarda hanno aiutato i contribuenti a scovare dove siano finiti. Di sicuro si sa solo che per ora, la più significativa delle riforme anti Casta langue. L’abolizione delle Province, pur sfoltendo le poltrone occupate dai politici, lascia invariate le strutture, rischiando nel caso di trasferimento alle Regioni addirittura di incrementare i costi. Tuttavia il meglio dell’operato tecnico lo si vede in fatto di risarcimenti per ingiusta detenzione. Invece di sveltire le procedure, affinché chi ha patito l’onta degli arresti pur non essendo colpevole sia rimborsato e con la scuse, lo Stato stringe i cordoni della borsa e a chi ha avuto la vita sconvolta perché privato della libertà non dà un euro. Così il debito nei confronti delle persone ingiustamente incarcerate aumenta e le probabilità di approvazione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati diminuiscono. di Maurizio Belpietro