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L'isola greca minaccia secessione:"Via da Atene, andiamo in Austria"

Il caso di Ikaria, che può legalmente abbandonare il Paese ellenico piagato dalla crisi economica e dalle manovre draconiane
di Andrea Tempestini domenica 22 luglio 2012

L'isola greca vista dal satellite

2' di lettura

  di Alvise Losi Molti greci avrebbero preferito uscire dall’Euro, ma alcuni stanno pensando di uscire dalla Grecia. L’isola di Ikaria, di fronte alla costa della Turchia, potrebbe decidere di diventare autonoma. A legarla ad Atene è solo un trattato della durata di cento anni che, siglato il 17 luglio del 1912, sta ora per scadere. E non tutti sono convinti che sia opportuno ratificare un nuovo accordo. Sono tanti quelli che vorrebbero andare al voto per scegliere se continuare a essere governati dalla Grecia o diventare indipendenti. «Il governo per anni si è dimenticato di noi», dicono. «Se ora non si decide a darci un ospedale e delle nuove strade, potremmo decidere di staccarci da Atene». Una scelta che non comporterebbe alcun tipo di ribellione. Ikaria ottenne l’indipendenza dall’impero ottomano proprio il 17 luglio di cento anni fa, quando sull’isola ebbe luogo una rivoluzione che permise ai locali di liberarsi dal giogo degli odiati turchi, nel frattempo impegnati nella guerra di Libia contro l’Italia. Il piccolo manipolo ottomano che presidiava l’isola fu scacciato dai ribelli, guidati da Georgios Spanos, morto nella battaglia e ora considerato l’eroe locale. Ma l’isola non fu annessa immediatamente alla Grecia, che in quell’anno era impegnata nella guerra dei Balcani. Ci fu un periodo di cinque mesi durante il quale Ikaria rimase indipendente. Ad Atene i più considerano quello di Ikaria uno sfogo per ottenere qualcosa dal governo in tempi di crisi. Ma nell’isola è vivo il sentimento contro la moneta unica europea. Negli anni del regime dei Colonnelli l’isola era stata utilizzata come confino per i dissidenti comunisti, che qui hanno trovato sostenitori: il Kke (Partito comunista greco) si è sempre assicurato almeno il 30 per cento dei voti. E, anche se la minaccia nei confronti di Atene sembra più che altro un pretesto, Ikaria ha validi argomenti per tenere in scacco il governo. Oltre a un evidente problema mediatico che la ribellione di un’isola susciterebbe nell’opinione pubblica nazionale e internazionale, ci sono motivi economici anche più seri a supporto delle richieste degli isolani. Il mare di Ikaria è tra i più pescosi di tutta la Grecia e rifornisce buona parte del mercato ittico di Atene. I danni che deriverebbero a uno dei pochi settori dell’economia greca ancora stabili potrebbero essere determinanti nella scelta del governo di cedere alle richieste. Gli ottomila cittadini che continuano a vivere sull’isola anche durante l’inverno sono orgogliosi del proprio passato di indipendenza e prendono molto seriamente ogni discussione relativa a una nuova rivoluzione. Alla fine del tira-e-molla, è probabile che il governo di Atene e quello dell’isola, che dipende dal distretto di Samo, firmeranno un nuovo trattato. «Restare indipendenti sarebbe difficile», ammettono alcuni durante uno degli eventi che fanno da preludio al grande festeggiamento per il centenario dell’indipendenza. «Potremmo però chiedere l’annessione a un altro Stato: di certo non alla Turchia, al massimo all’Austria».  

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