Confessione

Vittorio Sgarbi e il rapporto con la fede: "Peccate pure, l'inferno non esiste. Solo un paradiso, pieno di belle donne"

Alessia Ardesi

Fino a due anni la madre pensava avesse dei problemi perché taceva sempre. Ma quando ha iniziato a parlare - dice - lo ha fatto coniugando da subito i congiuntivi. Vittorio Sgarbi è uno degli italiani più conosciuti. Può conversare per ore di politica, attualità, società suscitando anche polemiche; se parla di arte e cultura, però, lo ascoltano tutti in silenzio. Le chiese, spiega, sono trionfi di sensualità: la più bella è il santuario di Macereto sui Monti Sibillini. Mi mostra la foto per convincermi, ma non ce n'è bisogno; basta il suo racconto per immaginarla e vederla. Sgarbi vive intensamente la sua vita ma oggi accetta di parlare di fede, morte e Aldilà.

Lei è credente?

«L'unica religione possibile è la mia, quella su cui mi sono formato, il cristianesimo. La consapevolezza dei suoi duemila anni di storia si riflette su una formula, il famoso "non possiamo non dirci cristiani" di Benedetto Croce. È valida per tutti, credenti e non credenti. Anche per me».

E dunque cosa vuol dire essere cristiano?

«Non vuol dire credere in Dio, ma credere in Cristo. Perché non c'è alcun dubbio che Cristo come uomo sia esistito. Che esista come Dio è opinabile, che sia risorto è indimostrato. Quindi: noi abbiamo un percorso storico straordinario derivato da un uomo, Cristo. Da cui è nato qualcosa di altrettanto straordinario, la Chiesa. Ricca di figure sante e nobili come Giovanni XXIII, Paolo VI, Ratzinger. Altro che corruzione e scandali».

Non crede in Dio allora?

«Dire "credo in Dio" è l'opzione spirituale delle anime candide e ingenue. Ma non essendo io un'anima candida, e nemmeno ingenua, sono l'unico che crede più alla Chiesa che a Dio. Ho dubbi su Dio e sulla sua efficacia, ma nessun dubbio sulla Chiesa e sulla sua efficacia».

La Chiesa però dice che Dio esiste...

«La religione lo sostiene, ma non so che Dio sia. Applico il principio di Tertulliano: Credo quia absurdum - cioè, ci credo proprio perché è assurdo».

Prega?

«No, non ho alcuna confidenza con il Signore. Il mio interesse per lui è risolto sul piano teologico dalla scommessa di Pascal: bisogna credere perché se Dio esiste si andrà in Paradiso, se non esiste almeno saremo vissuti come brave persone».

C'è l'Aldilà?

«Partiamo dall'origine della fede, cioè dal desiderio latente nell'uomo di non morire. Cosa può fare una persona sicura di morire? Credere in un Aldilà, con Dio che lo accoglie in un luogo che sarà meraviglioso, perfetto, pieno di tutto, di arte, di belle donne. Senza disoccupazione, tasse, corna. Una proiezione dei nostri desideri».

Esiste allora una vita oltre la vita...

«È evidente che un Paradiso come quello che ho descritto non ci sarà. Però è bene pensare che esista. La fede è lo strumento con cui l'uomo semplice vince il pensiero della morte. Ma in realtà dell'Aldilà non sappiamo nulla, né abbiamo esperienza di nessuno che è tornato. È un mare senza sponde».

E quindi niente Inferno, Purgatorio e Paradiso?

«L'Inferno non può esistere perché darebbe la sensazione di un potere che è teologicamente analogo a quello del bene, quindi non può che essere a termine, una specie di Purgatorio. Lo spiega bene la poesia di Noventa Il giudizio universale».

 

 

Perché?

«Racconta di Dio che chiama tutti e li sistema fra Paradiso e Purgatorio. Poi una voce fuori campo si interroga su dove andranno i cattivi. Le risponde un coro di angeli: "Un fià più in là", appena un po' più in là, in disparte, non all'Inferno. Quindi peccate pure, l'Inferno non esiste».

Qual è il rapporto tra arte e cristianesimo?

«Il tema dell'arte è alternativo alla fede, perché l'arte è l'unico strumento di conoscenza di quello che non sappiamo. La funzione della creazione artistica è una continuazione di quella divina. Il Signore ha creato i mari, i fiumi, il cielo, la terra. L'uomo, invece, il giudizio di Michelangelo, la rotonda di Palladio, Roma, Venezia. Dopo aver visto tanta bellezza, come potrei dirmi ateo?».

E tra Dio e scienza?

«Coincidono. Qualunque cosa l'uomo crei come innovazione scientifica è divina perché salva. Come il vaccino: è una creazione di Dio».

Pensa mai alla morte?

«Sì, ci penso. Conto sul fatto che almeno un uomo non è morto... Però non ne siamo sicuri, non abbiamo certezza della Resurrezione. Quando abbraccio Sabrina, la mia fidanzata, penso sia una fortuna poterla abbracciare fino a che siamo vivi. Perché dopo non so se lo potrò fare nuovamente».

Sgarbi, mi permette di fare un gioco?

«Quale?».

Dove sono andati questi artisti dopo la morte: all'Inferno, Purgatorio, Paradiso - sempre che esistano? Iniziamo da Caravaggio.

«Caravaggio è un predestinato al Paradiso perché ha dato al mondo quel bene, quella bellezza che poteva nascere solo dalla conoscenza diretta del male».

Raffaello?

«È in Purgatorio: era un peccatore di carne, viene fuori dal Vasari, ma era riuscito ipocritamente a farsi considerare bravo e buono. Quando è arrivato al confine tra la vita e la morte Dio gli avrà detto: mica penserai di fregare anche me?».

Leonardo?

«Da nessuna parte perché era ateo».

Michelangelo?

«In Paradiso, ma perché è Dio che crede in lui. È riuscito a capovolgere le parti».

Bosch? «Non ha mai vissuto nell'Aldiqua, è stato sempre nell'Aldilà. Aveva una vaga percezione della realtà. Lì lo abbiamo lasciato».

El Greco?

«Gioca a scacchi con Picasso in Purgatorio e gli spiega: "Tu credevi di essere moderno, ma io lo sono stato prima e più di te"».

Tiziano?

«Ha dato una dimostrazione così formidabile che la vita non finisce, che non è mai morto. Sta dipingendo un quadro anche in questo momento».

Piero della Francesca?

«È Dio. Purtroppo la maledizione che gli ha scagliato addosso il Signore è di farlo essere meno famoso di Michelangelo per avere meno concorrenza. Lui è la dimostrazione che l'arte ha una funzione salvifica».

Cioè?

«In virtù della meraviglia dipinta da Piero, il generale inglese Clarke, nel 1944, non bombardò San Sepolcro - vicino ad Arezzo - perché riferì via radio che non c'era più nessuno in quella cittadina. Mentì, ma lo fece dopo essersi ricordato di aver letto che a San Sepolcro si trovava la Resurrezione, "il più bell'affresco al mondo". E volle salvare tanta meraviglia».

A forza di frequentare la bellezza, l'ala dell'Angelo l'ha mai sfiorata?

«Gli angeli sono la nostra coscienza, una presenza dentro di noi».

Qual è il suo angelo custode?

«È la forma dell'Annunciata di Antonello da Messina: l'unica Annunciazione in cui l'angelo non c'è. È stato cancellato come figura fisica. Per la prima volta non annuncia qualcosa da fuori, ma è una voce: la coscienza che da dentro parla alla Vergine».

Ma è vero che quando era sindaco di Salemi cercò di inscenare un finto miracolo?

«Sì, nella grotta del Porco. Per portare più turisti volevo inventarmi, e c'ero quasi riuscito, un santuario con l'apparizione della Madonna. Cercai di trovare dei ragazzi un po' ingenui, che avrei anche pagato, per far raccontare loro che avevano visto la Vergine - che compare sempre, chissà perché, a degli ingenui; non certo a Eco o a Cacciari. Andai nella frazione vicino a Salemi, e in un bar raccontai del mio progetto a una cameriera molto carina. Lei mi disse che la Madonna l'aveva incontrata sul serio, e che non se la sentiva di prestarsi all'inganno. Rinunciai».

Qual è la più bella rappresentazione di Cristo?

«Il Cristo deluso di Antonello. Un Cristo talmente uomo, con una smorfia di delusione - ("Se non fossi quello che credo di essere?") - da dubitare di essere Dio».

Il male cosa è per lei?

«Non lo so. Non ne ho dimestichezza. Credo sia dolore, privazione, solitudine».

Lo ha sperimentato?

«Non credo. Perché ci sono delle persone il cui privilegio è di vivere con la condanna di essere felici. Non conosco il dolore e se lo conosco preferisco evitarlo».

Dopo la scomparsa di Maradona lo ha paragonato a Caravaggio. Perché?

«Caravaggio era uno scapestrato, ubriacone, giocatore d'azzardo e assassino; eppure nel rappresentare la luce arriva al miracolo. Proprio in virtù dell'abisso che ha vissuto sono nati quei quadri. Di Maradona restano i suoi gol, le emozioni che ci ha dato. Non la sua vita, per certi versi dissennata. Il male è stato la sua via all'ascesi. Il peccato stinge, la gloria e il piacere rimangono».