Come stanno le cose

Immigrazione, i numeri stanno con Matteo Salvini: sbarchi, morti e 3 miliardi risparmiati. Il confronto con Lamorgese

Lorenzo Mottola

C'è un uomo cui Enrico Letta potrebbe tranquillamente affidare le politiche migratorie di un governo guidato dal Partito Democratico: Matteo Salvini. L'affermazione potrebbe risultare provocatoria (e in effetti lo è), ma ha un suo supporto statistico. Il leader della Lega è l'uomo che è riuscito a ridurre al minimo il numero di morti affogati nel Canale di Sicilia negli ultimi anni, mentre le grandi missioni di soccorso organizzate da Letta stesso (presidente del Consiglio 2013-2014) e dagli esecutivi dem sono invece coincise con delle autentiche stragi. Non solo. Tutti gli analisti di sinistra giudicavano impossibile fermare le partenze dalla Libia, perché - a prescindere dalla presenza di Ong e delle navi delle marine europee al largo dell'Africa - i profughi avrebbero continuato a prendere il mare per tentare di raggiungere l'Italia. E invece ci è voluto molto poco per dimostrare l'opposto, le politiche attuate da Marco Minniti prima e dal leader della Lega poi hanno bloccato i flussi. Con conseguenti risparmi per lo Stato italiano. E si parla di miliardi. Miliardi spesi per mantenere soprattutto semplici clandestini. Basta guardare la nazionalità degli sbarcati nell'ultimo anno per scoprire che solo una frazione, meno del 20%, proviene da aree di guerra. Insomma, i dati sono tutti dalla parte del leader del Carroccio.

 

 

I NUMERI
Tornando alle vittime, il Pd per affrontare l'attuale crisi chiede di schierare navi europee a sud di Lampedusa per cercare di salvare i naufraghi. Esattamente quello che è stato fatto a partire dalla missione Mare Nostrum nel 2013. Il problema è che dopo il via di quella missione le partenze sono aumentate in maniera vertiginosa (+325% nel 2014). Per gli scafisti raggiungere una nave al largo è diventato molto più semplice che tentare la traversata. E i libici hanno iniziato a utilizzare gommoni mezzi bucati, autentiche trappole. Risultato: già nel 2015 - a fronte di oltre 150mila partiti - i morti sono arrivati a 3165. Il record è stato registrato nel 2016: 4581 annegati su 180mila partiti. Poi i numeri si sono progressivamente ridotti. Anno dopo anno, soprattutto dopo il varo dei decreti sicurezza di Salvini, la conta dei defunti è sempre stata meno pesante, arrivando a 1262 (anno 2019). Quest' anno, invece, stiamo per la prima volta assistendo a un aumento dopo molto tempo. Al 10 maggio sono 511 morti registrati, non accadeva dal 2017. Con il leghista erano 325. E tutto ciò succede dopo l'abolizione delle leggi volute dalla Lega e il ritorno delle navi delle Ong. Qualcuno può immaginare che si tratti solo di una coincidenza?

 

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RIMPATRI
Impressionante anche la progressione sul numero di sbarchi. Rispetto al 2019 la crescita è stata di oltre il 1100%. Oggi siamo a 12.894. Altra coincidenza? Ovviamente è difficile ipotizzare quali saranno alla fine dell'anno le cifre, ma con un simile ritmo bisognerà anche iniziare a ragionare su quanto ci stia costando tutto questo. Nei periodi di massimo caos nel Mediterraneo l'Italia è arrivata a spendere circa 5 miliardi per l'accoglienza. Con Salvini siamo scesi a 1,54 miliardi nel 2019, stanziati in massima parte per mantenere quanti erano arrivati prima del suo arrivo al Viminale. L'ultimo dato che citiamo riguarda i rimpatri. Questo è l'unico numero su cui c'è sempre stata una costante negli ultimi anni. Una costante negativa, purtroppo. Come sempre, anche in questi giorni di fronte al picco di sbarchi si torna a parlare di questa soluzione. Tutti i governi ci hanno provato. Nessuno ci è riuscito, per mancanza di accordi con i paesi d'origine e altre difficoltà tecniche. Da gennaio a settembre dello scorso anno, per esempio, sono stati appena 2000 i rimpatriati, la gran parte verso Tunisia e Albania. Una goccia nel mare, di fronte alle centinaia di migliaia di persone in partenza. Insomma: l'unico modo per fermare i migranti è agire alla fonte, non facendoli salpare. Le autorità Ue ci hanno già avvertito: dopo la pandemia ci sarà un picco di partenze. L'Italia è pronta?