"Gli ho detto vai", la mamma di dj Fabo si commuove in aula
Milano, 4 dic. (Adnkronos) - "Vai Fabiano, la mamma vuole che tu vada". Così Carmen Carollo, la mamma di Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, racconta l'istante prima del suicidio assistito in Svizzera, quando il figlio 40enne - cieco e tetraplegico dopo un incidente in auto - ha premuto il pulsante, iniettandosi il veleno mortale. La donna, visibilmente commossa, ha testimoniato nel processo milanese che vede imputato Marco Cappato, accusato di aver accompagnato il 40enne deejay nella clinica Dignitas. In aula racconta la sofferenza di una madre che ha assistito alla scelta del figlio, "diventata un incubo". "Ci 'minacciava' di far lo sciopero della fame", dice. "Non avrebbe voluto vivere così, non aveva paura di morire, aveva paura della sofferenza. Non sopportava la sofferenza, aveva assolutamente deciso di morire", conclude la mamma. In aula ha parlato oggi anche Valeria, fidanzata di dj Fabo. "Posso definirmi una combattente, ho combattuto con Fabo, con me stessa, se andare avanti tra essere la sua protesi e 'io non ti aiuto'. In qualche maniera - spiega - ho combattuto quella scelta, tergiversavo, cercavo qualcosa per farlo stare meglio ma non l'ho trovato. Io usavo con lui una metafora pugilistica: stavo combattendo con la signora Morte e sentivo che mi sentivo sconfitta, ma lui mi diceva 'non ti devi sentire sconfitta perché questa è una vittoria'". "Fabiano ha decide di portare avanti questa battaglia in maniera pubblica per sua scelta. La libertà è un valore importante e se questo poteva smuovere qualcosa sarebbe stato contento. Così ha fatto il video, era un modo per farlo sentire vivo, si sentiva vivo, utile, a portare avanti questa battaglia", sottolinea. "Valeria ma che vita è questa? Non è vita, io non so perché sto cercando di sopravvivere". E' una delle frasi che dj Fabo ha rivolto alla fidanzata nel lungo calvario che lei ha raccontato in aula. Un lungo pellegrinaggio dall'incidente in auto la notte del 12 giugno 2014, che lo rende cieco e tetraplegico, alla decisione di togliersi la vita nella clinica Dignitas lo scorso 27 febbraio. Dopo i tanti trattamenti negli ospedali lombardi, la cura in India con le cellule staminali dà qualche risultato transitorio, ma il ritorno a casa nella primavera del 2015 segna la decisione irreversibile: "Lui aveva capito che non c'era più nulla da fare, che da quella situazione non sarebbe più uscito", racconta Valeria che non ha mai lasciato il fidanzato. "Lui ha chiesto di morire, non sono rimasta stupita della sua decisione, lui non voleva viver così", dice in un'aula gremita. "Fabiano era vita all'ennesima potenza, diceva 'per me la vita è qualità non quantità, io non sto vivendo, sto sopravvivendo in quantità'. Sapevo che avrebbe scelto di andare in quella direzione", aggiunge Valeria che racconta una scelta fortemente voluta da Fabiano: quando lei tergiversava di fronte alla possibilità della morte assistita, "Lui, per dei giorni, entra in sciopero della fame e della parola". Avrebbe potuto dire no a quella volontà? "L'avrei potuto fare, ma a mio avviso non gli avrei voluto bene, non lo avrei amato come lo ho amato, lui avrebbe fatto lo stesso", continua Valeria. "Interrompendo le cure, l'agonia per lui si sarebbe prolungata e avrebbe sofferto, in casa dove ci sarebbe stata sua madre, lui voleva tutto tranne che soffrire ancora", prosegue Valeria. "Fabiano con la sua semi autonomia avrebbe potuto impiegarci 7-10 giorni di agonia", racconta la fidanzata. "Fabiano aveva costantemente dolori dappertutto, era costantemente sotto farmaci, come se avesse dei crampi fissi, soprattutto nelle gambe, aveva dolori fortissimi e lui se ne lamentava. Chiedeva il triplo della quantità di medicinale indicata dal medico, tante notti la madre Carmen è rimasta sveglia, perché lui - ricorda - non riusciva a dormire per i dolori". Valeria racconta poi l'arrivo alla clinica Dignitas: "Il giorno prima è stata fatta una 'prova' per posizionare questo pulsante tra i denti, lo fa un'infermiera con la nostra visione, Fabiano si è agitato, alla fine ci è riuscito e si è calmato. Quel giorno abbiamo riso e scherzato, abbiamo parlato di tutto". "Non dormo quella notte, faccio fatica a guardare ogni singolo minuto, la mattina mi metto nel letto accanto a lui come sempre, per fargli sentire il mio respiro, che c'ero. Si sveglia, e gli dico 'ci siamo, è oggi se lo vuoi, o possiamo tornare indietro'. Mangia lo yogurt, poi c'è tutta la prassi preparatoria. Noi - io e Carmen (mamma Fabiano, ndr) c'eravamo quando schiaccia" il pulsante con il veleno mortale, "in pochi secondi chiude gli occhi e si addormenta", racconta Valeria. "Non poteva stare sdraiato, lo mettono un po' seduto, la testa gli cade in avanti, allora io esco, esce anche sua madre e dopo qualche minuto ci avvisano che Fabiano se ne è andato". Fuori dalla stanza, ricorda, ci sono "mia mamma e Marco Cappato", oggi imputato nel processo milanese per aver accompagnato il dj milanese a morire in Svizzera.