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Roma: crac Finabo, 11 rinvii a giudizio e un patteggiamento

domenica 27 ottobre 2013

2' di lettura

Roma, 23 ott. - (Adnkronos) - Undici rinvii a giudizio e un patteggiamento a tre anni di reclusione. E' questa la conclusione dell'udienza preliminare svoltasi davanti al gup Carmine Castaldo per decidere della richiesta di rinvio a giudizio delle persone coinvolte nel dissesto, dichiarato nel 2010, della finanziaria Finabo spa. Sono accusati a seconda della posizione processuale di una truffa in danno di oltre 1.300 risparmiatori creando un buco di almeno cento milioni di euro. Patteggiando la pena a tre anni di reclusione Giuseppe Camarotto (uno dei titolari della società) è uscito di scena e già sei mesi li ha scontati in carcerazione preventiva. Saranno invece processati il 12 febbraio del prossimo anno dalla nona sezione penale del tribunale di Roma gli altri imputati. Sono Franco Bonaccorso anch'egli titolare dell'impresa, Marco Gradassi, Marco Grandi, Maria Ignazio Vaccaro, Roberto Gervino, Fabio Massimo Poggi. A giudizio anche un'intera famiglia, Giovanni Carbone, Ermenegildo Carbone (figlio di Giovanni), Ermenegildo Carbone (figlio di Domenico), Domenico Carbone, Daniele Carbone. Questi ultimi operavano la raccolta delle somme di denaro nelle zone tra Aversa e Casal di Principe. I reati contestati come si è detto sono diversi. Camarotto e Bonaccorso rispondono anche di associazione per delinquere finalizzata ad attività bancaria senza avere le necessarie autorizzazioni e la bancarotta. Secondo l'accusa i due titolari della Finabo attraverso la loro società oltre a raccogliere abusivamente il denaro dei risparmiatori tenevano le scritture contabili in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e degli affari della società. In tal modo sistematicamente si appropriavano di ingenti risorse economiche. Solo tra il 2003 e il 2007 sarebbero stati raccolti 50 milioni di euro. La somma finiva nei conti correnti societari ma da qui poi veniva trasferita in altri conti di deposito. Nel corso dell'attività Bonaccorso e Marco Gradassi avrebbero fatto operazioni di prestito scontando assegni ad un tasso tra il 2,5 e il 3%.

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